Cucinare A Ogni Donna
di Daniele De Michele (Don Pasta)
Sono stato secondino. in attesa che tu venissi dalla cucina.
Sul carrello l’ennesima pietanza iniziata a cucinare al mattino presto.
Il mio luogo era altrove, non li, in quel caldo di fuochi dove sbollentava la tua vita. Dove la lasciavo sbollentare come da sempre si lascia appassire una donna. Nel caldo di una cucina.
Sono stato amico del cecchino, che sparava cazzate sul fatto che il desiderio è un po’ fare come cazzo ci pare. Consenziente con il prete, che dice che la donna riproduce, non crea. A ciò serve. Sono stato padrino del figlio del caporale, che sull’inferiorità fisica di una donna ha costruito un impero. L’ho aiutato a immaginare un’economia intera, un mondo intero, basato sullo sfruttamento di chi è più debole.
Sono stato io assassino dell’amore
Ho guardato senza dire nulla
Come se fosse normale.
Senza pietà, seduto al banchetto, stravaccando gambe tra gambe di tavoli, e aspettare e poi bere e sbattere e sbraitare con gli amici tutti maschi, impassibili e appesantiti, come me e cantare e parlare prolissi di politica, barocchi a ragionare sui mali del mondo, sazi e ubriachi talvolta, poi, dopo assonnati, appisolati mentre dalla cella echeggiava il rumore di stoviglie e bicchieri e acqua e olio a friggere.
Permettimi allora di cucinarti qualcosa.
Non per chiederti scusa della mia assenza,
ma per dirti che sono cambiato,
che le faremo assieme le cose stancanti
e se anche per te la cucina fosse un modo per voler bene,
faremo assieme anche quello,
condivideremo il gesto dell’offrire l’uno all’altro
condivideremo il gesto dell’offrirsi l’uno l’amore dell’altro,
ad armi pari. O senza armi piuttosto.
Farò il fondant al chocolat,
perché dietro quell’involucro soffice ci sarà quella traccia di crema che ti si poserà leggermente sulle labbra. La mia lingua le carezzerà.
Lo servirò con i lamponi, che spremendosi nella tua mano scivoleranno verso il tuo seno.
E allora la mia lingua seguirà quel tracciato che mi invita a te.
Solo allora inizieremo a danzare.
Dopo il nostro dolce.
Io e te in questa giornata di inverno.
Dove la neve cade fuori e i bimbi giocano a far pupazzi e il soul accompagna uno ad uno i nostri passi, il nostro costeggiarci, nell’accogliere uno la gamba dell’altro,
nel nostro abbracciarci, carezzarci.
nel nostro volerci bene, infine.
E un sorriso verrà fuori dal tuo viso e dal mio.
E gli occhi scintilleranno con il nostro bicchierino di calvados, vecchio tanto quanto questo istante.
Infinitamente ancestrale è il nostro guardarci,
che risale alla notte dei tempi ed è oggi stesso assieme
Nell’istante in cui mano nella mano andremo a svestirci.
Ed ogni mano svestirà i vestiti sporchi e vecchi di secoli di religioni, maschilismi, decadenze che ci impedivano di spogliarci veramente.
Infine nudi, navigando su due corpi che uniti assieme diventano barca sul mare calmo,
entreremo e accoglieremo ognuno il cuore dell’altro.
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Racconto ripreso per gentile concessione dell’autore da:
La parmigiana e la rivoluzione. Elogio della frittura e altre pratiche militanti
di Don Pasta, Feltrinelli, 2013