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Crescono in Italia i gruppi che promuovono pratiche di liberazione maschile contro stereotipi e sessismo


Prendere parola, adesso

La violenza maschile contro le donne non ha scuse: anche gli uomini si attivano

 

La giornata internazionale contro la violenza sulle donne ci riguarda non solo perché siamo noi maschi a esercitare queste aggressioni – e tutti in qualche modo siamo attraversati dalla cultura patriarcale che produce la violenza – ma perché mettere in discussione questa cultura sarebbe un grande vantaggio per noi stessi e le nostre vite.

 

La libertà femminile e la critica all’ordine patriarcale che viene dai movimenti lgbtq+ ci chiamano a un cambiamento profondo, che può rendere migliori le relazioni tra uomini e donne come tra noi maschi e in tutti gli scambi vitali tra diverse soggettività sessuali e di genere, eliminando sempre di più nelle nostre società la misoginia, l’omofobia, la transfobia. La negazione delle differenze è un’altra gabbia che ci viene imposta. Liberarci dai razzismi, dal pregiudizio e dall’odio per chi avvertiamo come “diverso” è condizione per la libertà di tutti e tutte.

Questo cambio di civiltà può avvenire se anche il mondo maschile ne diventa convinto protagonista. Negli ultimi tempi si sono moltiplicate le prese di posizioni maschili contro la violenza rivolta alle donne, ci sono state manifestazioni e eventi pubblici, sono nati in tutto il paese numerosi gruppi e associazioni per affrontare e vincere la violenza maschile. Soprattutto stanno mutando i comportamenti degli uomini nella società: cresce a poco a poco il desiderio di vivere in modo più pieno la paternità e l’impegno nelle attività di cura indispensabili per il benessere delle relazioni familiari, amicali, nei luoghi di lavoro, anche se c’è ancora molta strada da fare per raggiungere in questo campo una piena condivisione.

Due anni di pandemia hanno sconvolto le nostre vite, hanno evidenziato ingiustizie e aggravato disuguaglianze: i periodi forzati di convivenza domestica, tra lavoro a distanza e cure familiari durante i lockdown, hanno registrato l’aumento della violenza e pesato molto di più sulla vita delle donne, dei giovani e dei bambini. Ma hanno anche spinto molti uomini a vedere quanto sia ingiusto e insensato separare nettamente il lavoro cosiddetto produttivo dalle attività quotidiane per la messa al mondo e per la cura della vita. Si è quindi aperto un ulteriore spazio per una diversa esperienza maschile nel rapporto con i figli e nelle relazioni di intimità.

Resta vero però che il cambiamento aperto dalle mutate relazioni tra i sessi e dalla rottura di ruoli e modelli di genere stereotipati viene rappresentato come una minaccia per gli uomini: questo alimenta la “nostalgia” di un “ordine” basato su rapporti di potere e reazioni regressive e violente. Sono spinte pericolose e inaccettabili, fatte proprie in diversi paesi da movimenti, partiti politici e governi, contro la libertà femminile, contro il senso libero della propria differenza sessuale, e la possibilità di un arricchimento generale delle nostre vite.

Vediamo con orrore la concezione della donna che torna in Afghanistan con la rivincita dei Talebani, dopo il fallimento di un’occupazione militare giustificata paternalisticamente come un intervento di uomini occidentali “salvatori” delle donne dall’oppressione di altri uomini.

Consideriamo anche nostra la lotta delle donne in tutti i luoghi del mondo in cui la loro autonomia è negata, e per questo ci impegniamo a contrastare quel perverso intreccio tra cultura della violenza e integralismo religioso che continua a produrre vittime anche nel nostro paese. Questo impegno sarà più credibile se crescerà la voce di noi uomini anche contro la mentalità comune nelle nostre società che produce atteggiamenti misogini e maschilisti. Si pensi alle gravi iniziative che in alcuni stati degli Usa e dell’Europa rimettono in discussione la libera scelta delle donne sulla procreazione, limitando in modo inaccettabile la legislazione sull’aborto. Anche in Italia sappiamo che la legge 194 è attuata solo in parte a causa dell’obiezione di coscienza e di ostilità e inerzia da parte delle istituzioni nazionali e regionali.

Per gli uomini, una più profonda consapevolezza dei propri desideri e una maggiore responsabilizzazione nei propri comportamenti sessuali – anche di fronte alla possibilità e al senso del concepimento – porterebbe fra l’altro ad una paternità più matura.

Ugualmente inaccettabile è la tendenza emersa in alcune nazioni europee a rimettere in discussione i principi della Dichiarazione di Istanbul sulla violenza contro le donne. In Italia la Convenzione di Istanbul non è messa in discussione ma, come la legge 194, non è pienamente applicata.

In molte città si stanno sviluppando quest’anno – in vista della giornata internazionale – iniziative di uomini contro la violenza: proponiamo che siano legate da un filo comune pur salvaguardando la pluralità di forme e di contenuti. Troviamo insieme le parole per dirlo, e definiamo una mappa di tutte le realtà di uomini che si sono attivate contro la violenza e per un nuovo modo di vivere la maschilità. Promuoviamo un racconto pubblico di queste esperienze, spesso fatte di condivisione intensa delle esperienze personali e che appassionano molti di noi. Non limitiamoci alla facile condanna ma facciamone un’occasione di consapevolezza maschile sulla cultura del controllo e del possesso e su quanto questa chiami in causa tutti noi. Si tratta di ripensare desideri, aspettative, immaginario, rappresentazioni dell’amore, della famiglia, della sessualità e della nostra stessa soggettività. Proponiamo di legare questo filo a una prossima iniziativa pubblica che, partendo dagli interrogativi sulle origini della violenza, affronti tutta la ricca realtà delle relazioni tra uomini e donne, tra e con le persone con differenti orientamenti e identità sessuali e di genere.

Oltre il 25 novembre, quindi, invitiamo  a costruire insieme questa occasione di confronto e riflessione comune, fatta di scambio personale e culturale , di ricerca e di studio, di creatività artistica: un appuntamento pubblico e una pratica politica permanente per dare un contributo – non solo una volta all’anno – alla creazione di quella nuova cultura delle relazioni che sola può vincere la violenza e aprire un paesaggio sociale nel quale il conflitto – anch’esso indispensabile alla vita – sia riconosciuto e vissuto per modificarsi e riconoscersi, non per negare e uccidere.

Firmatari

Fabrizio Bonfiglio, Bologna

Pietro Buscicchio, Conversano

Massimo Casacchia, L’Aquila

Stefano Ciccone, Roma

Marco Deriu, Parma

Vito Di Leo, Milano

Alberto Leiss, Roma

Giacomo Mambriani, Parma

Domenico Matarozzo, Torino

Giovanni Pugliese, Mantova

Gianluca Ricciato, Aradeo (Le)

Massimiliano Sfregola, Genova

Mario Simoncini, Modena

______

Marco Aguzzi, Senigallia

Angelo Albero, Lucca

Daniele Barbieri, Imola

Daniele Bouchard, Pisa

Francesco Cagnola, Lucca

Maurizio Cardillo, Bologna

Sandro Casanova, Bologna

Marco Cazzaniga, Spinea

Umberto Cherubini, Lucca

Francesco Cricorian, Lucca

Enrico Del Bianco, Pisa

Mario Gritti, Brescia

Riccardo Guercio, Pisa

Antonio La Sala, Lucca

Massimo Lo Giudice, Pisa

Alessio Miceli, Milano

Ivan Morini, Ravenna

Simone Pallavicini, Pisa

Beppe Pavan, Pinerolo

Emanuele Perelli, Lucca

Ermanno Porro, Monza

Antonio Ronco, Lucca

Francesco Seminara, Palermo

Claudio Tognonato, Roma

Edoardo Vaccaro, Pisa

Marco Vanelli, Lucca

Danilo Villa, Varese

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Maschile Plurale22/11/2021

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