A Matteo Renzi
Alle Parlamentarie
Presidente Matteo Renzi,
vorremmo ancora una volta richiamare la Sua attenzione sulle politiche di genere che in Italia sono innegabilmente paralizzate, mentre la cultura della discriminazione e del sessismo cresce e si restringono ulteriormente gli spazi di autodeterminazione e di libertà delle donne. Nel nuovo rimpasto di Governo non ha ritenuto di nominare una Ministra alle Pari Opportunità che coordini gli interventi sulla base delle necessità, che pretenda il rispetto delle leggi e delle Convenzioni internazionali che l’Italia ha firmato e che restano disattese.
Il Dipartimento per le Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio è fermo e privo di direzione, affidato unicamente alla buona volontà dei singoli funzionari. Restano pochi, erogati a singhiozzo e con ritardo i finanziamenti per i Centri antiviolenza, che le Regioni spendono troppo spesso senza criteri certi e in modo incontrollabile e che talvolta non spendono affatto. Come abbiamo documentato con chiarezza, solo sette Regioni hanno dato conto con trasparenza dell’utilizzo dei fondi pubblici stanziati dal Governo per combattere la violenza maschile e appena cinque hanno pubblicato l’elenco dei centri antiviolenza che hanno avuto o avranno i fondi 2013/2014.
I provvedimenti frammentari che vengono presi sono discutibili e comunque inattuati se pure annunciati con grande enfasi: nel decreto attuativo del Jobs Act dell’11 giugno 2015, è prevista la possibilità per le donne vittime di violenza maschile di usufruire di tre mesi di aspettativa per i maltrattamenti subiti ma, di fatto, l’INPS non ha recepito la norma con una circolare attuativa e per nessuna donna è possibile usufruire di tale opportunità. Il Fondo di solidarietà sperimentale a tutela del coniuge in stato di bisogno previsto dalla Legge di stabilità e istituito presso il Ministero della Giustizia, di cui Lei si è fatto vanto davanti al Paese intero, è costituito solo di 250mila euro per l’anno 2016 e 500mila euro per il 2017. Come se non bastasse questa elemosina, la legge per giunta stabilisce che il contributo statale è dovuto solo per i coniugi separati e che nulla è dovuto ai figli nati fuori dal matrimonio; una grave violazione del principio di parità.
Con la legge di stabilità è istituito il “Percorso di tutela delle vittime di violenza”, già “codice rosa o codice rosa bianca” a tutela delle vittime di violenza (minori, donne, persone anziane, persone con disabilità) che assimila la violenza maschile contro le donne a qualunque altra subita da soggetti “deboli e vulnerabili”: è inaccettabile nel contenuto e anche nella forma, dal momento che neutralizza la questione della violenza maschile nei confronti delle donne, ignorandone le ragioni culturali e storiche. Questo percorso, come Lei ben saprà, prevede un tracciato rigido, che elude la possibilità alle donne di decidere autonomamente come agire per uscire dalla violenza e pone una grave ipoteca sulla emersione di un fenomeno ancora in gran parte sommerso.
Nel decreto legislativo sulle depenalizzazioni varato dal Consiglio dei Ministri il 15 gennaio scorso è stata prevista la cancellazione del reato penale per chi abortisce oltre i 90 giorni di gravidanza, contemplato nella legge 194 per chi viola il dettato degli articoli 6 e 7. Ma contestualmente è stato previsto l’inasprimento della multa per il reato di aborto clandestino che all’articolo 19 della legge 194 era fissata a 51 euro e che ora il Governo ha portato a una cifra fra i 5mila e i 10 mila euro. In tal modo il Governo ha ignorato completamente le ragioni per cui la legge 194 comminava una multa simbolica, ovvero permettere alle donne di denunciare “i cucchiai d’oro” che praticavano aborti illegali e, soprattutto, permettere loro di andare in ospedale al primo segno di complicazione senza rischiare la denuncia, e salvarsi così la vita.
Noi Le chiediamo pubblicamente, di fare in modo che questo gravissimo errore contenuto nel decreto sulle depenalizzazioni sia corretto subito per evitare conseguenze incalcolabili, e Le ricordiamo inoltre che abortire legalmente e in sicurezza nel nostro paese sta diventando impossibile, visto che il 70 per cento dei medici sono obiettori di coscienza. Signor Presidente, in Italia rischiamo di tornare indietro, invece di ampliare i diritti di tutte e di tutti. Molte conquiste delle donne, ottenute con anni di lotte, stanno per essere cancellati nel silenzio > dei più. Non il nostro. Roma 18 febbraio 2016 Dire Donne in Rete contro la violenza