Intro e testo ripresi dalla pagina facebook
della Casa delle Donne di Lecce
Le parole di Roberto Molentino e di Maschile Plurale, a fine corteo, domenica. Contro la violenza sulle donne, ci vuole una presa di coscienza maschile.
La violenza contro le donne ci riguarda. Era questo il titolo che, nel 2006, chiamava tutti gli uomini italiani all’impegno per promuovere un cambio di passo verso una nuova qualità del rapporto tra i sessi. Da quell’appello prese vita Maschile Plurale, associazione di uomini impegnati in riflessioni pratiche di ridefinizione dell’identità maschile, in relazione positiva con il movimento delle donne e con il dichiarato intento di scardinare il modello patriarcale dominante.
Ho avuto il privilegio di entrare in contatto con Maschile Plurale nell’estate del 2016, attraverso il Laboratorio “Il corpo non mente”. Da quell’esperienza formativa, rivelatasi preziosa per lo svolgimento del mio lavoro, sono rimasto legato al soggetto collettivo di Maschile Plurale, che oggi mi ha chiesto di essere qui per ribadire e rinnovare l’impegno a non rimanere indifferenti rispetto a quanto accade sotto i nostri occhi quotidianamente: donne uccise, parole violate, orrore scambiato per amore. Rimanere in silenzio non si può. Non si deve.
Sarebbe, il nostro, un vero e proprio atto di diserzione nei confronti dell’umanità. Lavoro in progetti di accoglienza Arci da più di due anni e il tema del contrasto alla violenza di genere è un punto fondamentale nei nostri percorsi di alfabetizzazione ed educazione civica. Quotidianamente, proviamo a costruire, con chi chiede asilo in Italia, una nuova società fondata sul rispetto delle donne e la valorizzazione delle differenze. Richiedenti asilo e rifugiati sono portatori di diversità etniche, religiose e culturali che sempre più spesso, oggi, sono oggetto di discriminazioni, violenze, privazioni di diritti.
Verso di loro si scatena non solo l’orrore razzista, ma anche e soprattutto quella che Mauro Biani ha brillantemente definito, in una sua recente vignetta, come “la banalità del MA”. “Non sono razzista, ma…”, e giù con la peggiore spazzatura xenofoba! Quella stessa, miserabile “banalità del MA” colpisce giorno dopo giorno anche le donne. “Non giustifico la violenza, ma … se l’è cercata”. “Non giustifico la violenza, ma …. lei lo ha esasperato”.
E ancora: “Il rispetto delle donne è sacrosanto, ma sopporto le trasformazioni del linguaggio e la critica feroce alle pubblicità sessiste”. Una recente indagine europea, a tal proposito, ha definito l’Italia come un paese “in resistenza”, in cui la rappresentazione stereotipata della donna è considerata un tratto antropologico così radicato che addirittura si teme che non valga la pena di contrastarlo. Si tratta di quegli stessi stereotipi di genere che ossessionano moltissimi uomini e spingono molte donne verso una dannosa auto-oggettivazione, costituendo in tal modo il brodo primordiale della violenza sessista.
Contro questa “banalità del MA” il nostro grido maschile di dissenso deve giungere in ogni angolo del nostro paese. Il Presidente del Senato Grasso ci ha chiesto di scusarci per le violenze che quotidianamente vedono come vittime le donne e come carnefici noi uomini. Questo è necessario, ma non basta. Contro la “banalità del MA” dobbiamo opporre la forza di un attivo e coraggioso DUNQUE. Sono contro la violenza sulle donne, dunque lotto per il cambiamento. Sono contro la violenza sulle donne, dunque, semplicemente, SONO!