Riconoscersi uomini – Liberarsi dalla violenza
Campagna contro la violenza maschile sulle donne
Il problema
Ormai sappiamo. Sappiamo che in Italia, ogni anno, ci sono più di cento femminicidi e che tra il 2000 e il 2013 sono state uccise 2.348 donne;
sappiamo che una donna su tre ha subito violenza maschile nel corso della sua vita; sappiamo che un’altissima percentuale degli stupri
è opera del partner (marito, convivente, fidanzato, ex).
I dati drammatici, relativi alla violenza maschile sulle donne, sono sotto gli occhi di tutti e ci colpiscono, probabilmente perché attraversano le nostre relazioni quotidiane, ci coinvolgono nei legami più intimi.
Si tratta di un fenomeno globale che colpisce tutti i paesi e tutte le culture, ma la percezione di questa violenza nelle sue diverse forme – fisica, sessuale, psicologica, economica – trova sempre maggiore riconoscimento, anche in termini culturali e giuridici.
A dare visibilità al problema hanno contribuito senza dubbio il lavoro di base svolto da decenni dai Centri antiviolenza e dal movimento delle donne, gli eventi organizzati ogni anno attorno alla giornata mondiale del 25 novembre e il lavoro delle Reti istituzionali, che negli ultimi anni si sono sviluppate in tutto il paese. Un contributo importante all’emersione di questo fenomeno è venuto anche dalle pubblicazioni più autorevoli di dati, tra cui le indagini Istat (2005, 2008), i rapporti Eures (ultimo, 2013), i risultati e le raccomandazioni espresse nella sua missione in Italia dallo Special Rapporteur dell’ONU, Rashida Manjoo (2012), il rapporto della World Health Organization (2013)[1].
D’altra parte, però, ancora non si afferra fino in fondo la natura di questo fenomeno e con essa la dimensione dell’occultamento di tantissimi atti violenti verso le donne. Infatti permane ancora nella cultura maschile del dominio, a fronte della libertà delle donne, una rimozione e forse un’inconsapevole legittimazione di tanta violenza, che non diventa mai una questione politica di primo piano.
La fatica di questo svelamento si evidenzia anche nella difficoltà a superare la neutralità di espressioni, come “la violenza contro le donne”, che se presuppongono un riconoscimento delle vittime, tralasciano tuttavia di nominare e mettere sotto la lente di osservazione gli autori di queste violenze, cioè, nella stragrande maggioranza dei casi, uomini.
Questa rimozione appare in certa comunicazione giornalistica e molto spesso ritorna anche nelle campagne di comunicazione sulla violenza.
La comunicazione sociale sulla violenza
Molte campagne di comunicazione contro la violenza sulle donne, in particolare in Italia, si rivolgono alle donne stesse, spesso con l’obiettivo di favorire in loro il riconoscimento del pericolo e la denuncia (peraltro in mancanza di un quadro organico, di presa in carico delle donne che denunciano). Si mostrano donne livide, ripiegate, vittime di violenza, e si punta sull’impatto emotivo di queste immagini. Concentrando l’attenzione unicamente sulle vittime, si tralascia però di nominare gli autori della violenza o le forme di relazione tra i sessi su cui tale violenza si fonda. Insomma gli uomini non ci sono, come se la questione non li riguardasse.
Una simile sottrazione sul piano dell’immaginario porta con sé molti interrogativi. Se per un verso rivela una difficoltà ad interrogarsi sulle radici profonde – culturali e sociali – di questa violenza maschile, dall’altro ripropone un meccanismo di vittimizzazione delle donne che lascia poco spazio a prospettive di fuoriuscita dalla violenza che non siano un generico incitamento a trovare la “forza” di reagire. Il rischio è inconsapevolmente, ancora una volta, quello di enfatizzare nel senso comune la responsabilità della vittima piuttosto che quella dell’aggressore.
Nei rari casi in cui gli uomini sono chiamati in causa, essi non vengono interpellati nella loro concezione di maschilità o nei loro valori, ma sono semplicemente riportati a stereotipi o a generalizzazioni che impediscono di fatto un loro “aggancio” comunicativo, o addirittura producono un effetto di distanziamento. Oppure si propongono rassicuranti schematismi che proiettano il problema della violenza sugli “altri”, rinunciando a stimolare in ciascun uomo un’interrogazione riflessiva sul proprio modo di vivere le relazioni.
La nostra campagna
Riconoscersi uomini – Liberarsi dalla violenza è una campagna di sensibilizzazione contro la violenza maschile sulle donne.
Si caratterizza per alcune scelte ben precise. Innanzitutto assume la violenza sulle donne come una questione maschile che riguarda e interroga gli uomini. La comunicazione, pertanto, si rivolge a un target trasversale di uomini, di diversa età (25-45 anni) ed estrazione socio-culturale.
Inoltre, la nostra campagna vuole stabilire una comunicazione diretta e personale, calata nella quotidianità. Ecco perché abbiamo scelto la forma del breve messaggio confidenziale e il registro comunicativo intimo e personale.
Gli uomini fotografati nei 12 set proposti sono prevalentemente in situazioni di relazione con donne, in momenti di vita quotidiana, proprio in quelle situazioni che sono più a rischio di degenerare in violenza maschile sulle donne: dalla gestione della casa alla cura dei figli, dall’intimità sessuale alla distanza che si apre nella relazione di coppia, dalla questione del lavoro alle differenze di mentalità e stili di vita, fino al drammatico nodo della separazione, che è, ancora oggi, la situazione più connessa ai comportamenti di stalking e agli oltre cento femminicidi che accadono ogni anno in Italia.
Leggere i contenuti della violenza sulle donne alla loro radice, ovvero nelle forme e nelle dinamiche delle relazioni quotidiane più che nell’esplosione di atti violenti isolati, ci ha condotti a ribaltare in senso costruttivo l’ordine del discorso: non ci siamo limitati, quindi, alla critica della violenza, ma abbiamo cercato di fornire anche suggestioni e spunti per un suo possibile superamento. Vorremmo suggerire l’idea che le relazioni, anche nei momenti più conflittuali e dolorosi, possono essere occasioni di ascolto, ripensamento e maturazione umana.
La campagna è dunque finalizzata a innescare una discussione pubblica sul tema, soprattutto maschile, il più possibile allargata, dalla gente comune ai testimoni privilegiati, dalle Associazioni alle Istituzioni.
I soggetti che propongono la campagna
Le associazioni Maschile Plurale e Officina, che propongono questa campagna, insistono da anni sul tema della radice sessuata della violenza sulle donne e sottolineano il legame tra maschilità dominante e violenza, in termini di costruzione culturale e forme di socializzazione.
Maschile Plurale, esistente come rete da più di vent’anni in diverse città, si è costituita come associazione nazionale nel 2007 dopo l’appello rivolto agli uomini: La violenza contro le donne ci riguarda. Prendiamo parola come uomini (settembre 2006). Luogo di condivisione tra uomini e di iniziative pubbliche, di riflessione sulla trasformazione maschile e di collaborazione con molte realtà espresse dal movimento delle donne, Maschile Plurale promuove incontri di sensibilizzazione, interventi nelle scuole e in ambito di formazione degli operatori del contrasto alla violenza. Produce documenti e discussione pubblica, anche attraverso il proprio sito e la pagina facebook.
L’associazione Officina, di Milano, si occupa di educazione e di apprendimento, di comunicazione, di relazioni di genere. In tema di violenza maschile sulle donne ha promosso le rassegne di incontri pubblici: Il velo degli uomini (2007) e La relazione necessaria (2009).
In particolare, la campagna è stata ideata, progettata e realizzata da Renato Alfieri, Marco Deriu, Maurizio Giannangeli, Alessio Miceli.
Ringraziamenti
Si ringrazia la Casa delle donne maltrattate di Milano per il confronto nelle fasi di realizzazione.
Si ringraziano anche l’Associazione delleAli e il centro multiculturale BLOOM di Mezzago per l’aiuto e la disponibilità nell’organizzazione e realizzazione dei set fotografici.
[1] Tra le altre, vedi le seguenti pubblicazioni: indagini Istat su Molestie e violenze sessuali (2005), La violenza contro le donne. Indagine multiscopo sulle famiglie “La sicurezza delle donne” (2008); i rapporti Eures su L’omicidio volontario in Italia (ultimo, 2013); i risultati e le raccomandazioni dello Special Rapporteur dell’ONU, Rashida Manjoo, sulle violenze contro le donne, le loro cause e le conseguenze, espresse nella sua missione in Italia (2012); il rapporto della World Health Organization Global and regional estimates of violence against women: prevalence and health effects of intimate partner violence and non-partner sexual violence (2013).
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