Stefania
di Gianluca Ricciato
Stefania era la presidenta. L’abbiamo conosciuta un giorno di qualche anno fa (forse era il 2012) mentre andava e veniva dalla cucina de La Svolta, mitica Ecosteria di Ciconia, frazione di Orvieto, a poche centinaia di metri dalle scuole in cui avevamo appena iniziato le lezioni sulle differenze e contro la violenza. La Svolta era uno di quei luoghi che io sogno sempre si diffondano a macchia d’olio, dove si praticano discipline orienatali, si fa cultura resistente, musica, si mangia bio ed equosolidale. E che come spesso accade non reggono alla barbarie del capitale, che semina ogni giorno nocività e morte nelle nostre vite.
Poi le nostre amiche ci hanno detto che lei era Stefania Bove, non solo l’ideatrice de La Svolta, ma soprattutto la presidenta de L’Albero di Antonia appunto, il centro antiviolenza di Orvieto con cui ci siamo inventate il progetto La scuola fa la differenza. E il suo sguardo severo, che mi inquadrava mentre eravamo ai tavoli e lei ci portava le pietanze rifocillanti dopo la scuola, da quel momento iniziò a confondersi con la curiosità e il timore reverenziale.
Quando la Svolta chiuse Stefania iniziò a venire in classe con noi, perché il progetto nelle scuole, nonostante gli ostacoli odiosi, i mancati finanziamenti, qualcuno che cerca di sventolare i fantasmi del gender e le nostre vite complicate, resiste. Allora l’ho conosciuta meglio, lei e il suo accento campano, lei e l’accoglienza e le chiacchiere, i suoi pensieri radicali e concreti di critica assoluta al sistema della violenza in tutte le sue forme, da quella fisica degli uomini violenti contro le compagne a quella economica degli uomini violenti contro le persone, gli oppressi, i bambini e le bambine che muoiono nelle guerre o di fame nei tanti ghetti che abbiamo intorno. E nella sua rabbia mi ci ritrovavo, anche se a volte mi faceva paura. Allora cercavo di smorzare, buttarla sullo scherzo, soprattutto dopo che magari eravamo uscite da ore di lezioni, di estenuanti confronti con i/le giovani, e allora le usciva tutta l’ironia terrona e la voglia di vita. Che non l’hanno mai lasciata, fino a quando ha avuto forze per tenerle vive. Una volta dopo una lezione al Liceo, che si trova proprio nel centro della città storica di Orvieto, in un periodo che ero piuttosto giù, mi portò a vedere il duomo di Orvieto, che inspiegabilmente non avevo mai visto, mi spiegò gli affreschi del Signorelli e mi fece capire quanta bellezza può essere racchiusa nella cosiddetta provincia italiana. Quanta vita.
Solo quattro mesi fa, ora che ci penso, abbiamo fatto l’ultima lezione insieme. E’ venuta nonostante noi non volessimo, è venuta e ha portato come sempre una forza incredibile e una voglia di passare esempi positivi alle nuove generazioni, e ha tenuto testa a una classe numerosa e difficile, ancora una volta. Mi vengono in mente ora tutte le volte in cui si creava un silenzio assoluto in classe, quando lei iniziava a parlare delle forme di violenza – fisica, sessuale, economica, psicologica, stalking – e io le facevo da spalla tecnica con le slide sul proiettore, e parlava dell’esperienza del centro, dei fatti concreti, del tenere insieme dal basso le fila di una società incapace di rispondere ai problemi. Del dover elemosinare i soldi per sopravvivere, anche alla sordità violenta delle istituzioni. E le ragazze e i ragazzi che facevano domande e pendevano dalle sue labbra.
Ecco c’è questo, ci sarebbe tanto altro ma forse è inutile aggiungere altre parole.
Giusto per dirle grazie scrivo questo, per quello che mi ha insegnato, umanamente, e per la tristezza e il dolore di non potersi vedere più.
E per le battaglie che in nome suo continueremo a fare. In nome della sua voglia di vivere.
Ciao Stefania
Gianluca
Dalla pagina Facebook de L’albero di Antonia
Epitaffio scelto dalla nostra cara e amata presidenta Stefania
Non abbiamo molte parole da dire in questo momento,
il funerale è stato già celebrato
tante opere di bene in suo onore
facciamo parlare lei…
Epitaffio
Di ranuncoli e
papaveri colto un mazzetto
che io mi chiamavo Stefania e quanti anni avevo…
solo non stare così tetro
la testa china al petto.
Con leggerezza pensami
con leggerezza dimenticami.
Da una poesia di Marina Ivanovna Cvaeteva