Quelle prostitute di palazzo Grazioli
– il manifesto 21 gennaio 2011
Nel gennaio del 2002 Berlusconi fece un gesto che suscitò un piccolo strascico di polemiche: regalò due buste con cinquemila euro ciascuna a due “schiave del sesso”, una ventenne bulgara e una minorenne albanese, a palazzo Grazioli. Lo fece alla luce del sole, davanti a don Oreste Benzi, sacerdote da sempre in prima fila, come si dice, nella lotta alla prostituzione. Tutto il racconto della storia da parte delle due ragazze, rapite a 14 anni dalle famiglie d’origine, commosse fino al pianto Berlusconi.
Che nell’occasione volle anche rilasciare qualche dichiarazione in merito al gesto – un atto simbolico che voleva smorzare la sua uscita di qualche giorno prima nella quale si era dichiarato infastidito per la presenza di donne poco vestite sul ciglio delle strade italiane e aveva buttato lì una fantomatica ipotesi di riapertura delle case chiuse. Don Oreste premeva per un decreto legge che fosse punitivo nei confronti dei clienti e ottenne l’interesse di Berlusconi: «Lo Stato non può essere connivente con la prostituzione, non può mantenere l’appetito sessuale di dieci milioni di clienti».
La domanda che uno storico ingenuo potrebbe farsi è: cosa è successo in questi nove anni? Perché Berlusconi oggi non farebbe più un gesto del genere per riscuotere consenso? Sì, è vero, non sarebbe credibile, non potrebbe sicuramente farlo per questo. Ma. Proviamo a articolare meglio la questione: perché in questo decennio ha deciso di trasformare l’immagine di un vecchio saggio che protegge le ragazzine in uno che in fondo se la diverte?
Il punto forse è che Berlusconi non è cambiato, ma è cambiato il paese intorno al suo palazzo. Che un vecchio di settantacinque anni faccia sesso con una diciassettenne oggi, chiediamoci, è realmente per noi così scandaloso? È una cosa di cui nessuno di noi potrebbe tollerare il pensiero? È un’immagine che ci repelle dal profondo come quella di un tabù?
Alcuni altri dati ci raccontano un contesto sociale diverso. Ci raccontano un’Italia in cui il consumo di Viagra (uno solo dei farmaci sessuali) in questo stesso decennio è stato di 60 milioni e passa di pillole (solo in farmacia, senza l’on-line) e ha coinvolto all’incirca 300mila uomini la cui età media è 54 anni. Un’Italia in cui i siti di annunci personali hanno vari milioni di iscritti (meetic.it, il più diffuso, 2 milioni e 800mila) e quelli di annunci erotici li seguono a ruota (C-date un milione e 600mila registrazioni, Get-it-One un milione e duecentomila, Flirtfair 800mila, AdultFriendFinder un milione e 400 mila). Un’Italia in cui per esempio le scopate tra over-50 e teen-ager rispondono a categorie del porno ben precise: mature e MILF, e young/old e teen, il cui target acquista sempre più spazio – a chiunque di noi basta cliccare su google.
In questo senso quello del bunga-bunga è un rito orgiastico che – con tutta la nostra capacità di giustissima indignazione – possiamo, in definitiva, metabolizzare. La commedia scollacciata con Renzo Montagnani che insidia Gloria Guida si è tramutata in un filmato hardcore amatoriale: ecco, in questi dieci anni quello che è accaduto è che lo spettacolino delle ragazzine che neanche sanno parlare italiano, vestite da infermiere senza niente sotto non è più inimmaginabile. È diventato per noi immaginabile. È la democratizzazione di un sogno erotico: travestimenti, spogliarello, palpate. Questo Berlusconi lo sa. Sa per esempio che ognuno dei suoi telespettatori (a partire da quelli che guardavano Colpo grosso nella loro adolescenza a quelli che hanno aspettato ogni sera Sarabanda ogni sera, verso le otto, fino al momento della “Piscina” in cui Belen si spoglia, viene inquadrata da una telecamera ad altezza culo, e poi si butta in acqua) è capace di riconoscersi in questo rito.
Così, è sostanzialmente questo il cuore della sua linea di difesa. Il suo comportamento ci dice in fondo: Sono un pervertito, sono uno che dice ogni due minuti una verità diversa, sono uno psicotico, sono un dissociato, sono un malato. Ma perché, voi no?
La doppia morale che aveva ereditato dalla Prima Repubblica e che lo portava a accogliere a palazzo don Oreste Benzi con gli occhi lucidi, oggi si è frantumata in un prisma infinito di morali intercambiabili: nel giorno stesso Berlusconi può dire di avere una fidanzata e i giornali dietro che creano un dibattito apposta sul toto-fidanzata, può fare il pater familias con la stirpe di rampolli e rampollini riuniti a Arcore per la foto di Natale su Chi, può alla fine confessare candidamente «Mi diverto». Alla faccia vostra.
L’uomo sotto attacco ancora una volta non è lui. Non è lui quello a disagio. Ma coloro che avevano pensato che accettare l’invito nel suo mondo di fantasmagorie e mille morali, fosse un modo per accedere a Neverland senza per questo ritrovarsi trasformati in una nazione di voyeur compulsivi in attesa del prossimo spogliarello. Il disagio è il nostro. È il malessere dell’amica dell’università di Nicole Minetti, quella che studia, la signorina “doppia laurea” a cui era stato promesso di vedere «di ogni» e finisce col passare la serata in bagno, autoisolatasi per il disagio.
La sola libertà che abbiamo esercitato fin adesso è quella di rispondere – alla domanda che ci viene posta alla fine della festa, «Ti sei divertita?» – un diniego imbarazzato per il fatto che non stiamo omaggiando il padrone di casa e le sue abitudini di crapulone: «Non molto».
Non molto. Non è un granché come opposizione, ma è l’unico punto di partenza perché il nostro paese decida di passare il futuro in qualche altro modo.
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