Feb 2013 “Ma qual è il titolo di questo libro?”
di Baniele Barbieri
pubblicato sul Blog di Daniele Barbieri & Altr*
il 1 febbraio 2013
Cinque citazioni per farvi “abboccare” (che se vi dico subito il titolo del libro magari scappate… e fareste male).
- “L’ascolto è una dote trasversale […] Tuttavia, nella nostra società e quindi anche nella scuola, è – come sosteneva Ivan Illich “il grande assente dei nostri tempi”.
- “La rabbia che non sa più trovare le sue radici, cioè le cause profonde che l’hanno generata, è quella che avvelena le relazioni nell’età adulta e che troppo spesso si trasforma in violenza“.
- “Un corso di formazione sul riconoscimento della violenza, fondato su competenze più relazionali che burocratiche, tenuto all’’Ospedale Sant’Anna di Torino. L’anno successivo, i casi riconosciuti di violenza sulle donne erano passati da una decina a un centinaio“.
- “C’è tempo e luogo per scrivere di sé […] “Dedicare a me stesso le domande che non mi ero mai rivolto” fino a scoprire che lo scrivere di sé comporta “il superamento di una soglia” che separa i vissuti ancora slegati verso la possibilità, ipotetica e temporanea, di dare loro una “forma organica”.
- «Ci si aspetterebbe [nel calcio giovanile] di trovare un clima sereno, allegro, fatto di bambini che giocano a calcio e di adulti che si divertono. Invece spesso non è così […] Si respira un clima pesante, un livello di tensione, di agonismo, di nervosismo che è fuori misura rispetto a quello che dovrebbe essere“.
Sono cinque frasi – prese da 5 contesti assai diversi – che mi hanno colpito e che è relativamente facile estrapolare; altri ragionamenti o racconti di esperienze (o vicende personali) pure appassionanti sono più difficili da riassumere in poche parole. Ma qual è il titolo di questo volume dal quale ho tratto le citazioni? Gli appassionati di giochi sapranno che esiste davvero un bellissimo libro – di Raymond Smullyan – così intitolato («Qual è il titolo di questo libro?» appunto) ma qui si parla invece di altri problemi e di ben diversi doppi sensi, di ruoli che si assumono o che si rifiutano, di giochi che si fanno da soli o in compagnia ma che condizionano le relazioni sociali nel profondo.
Il libro che vi consiglio si intitola «Trasformare il maschile» (Cittadella: 230 pagine per 16,50 euri) con il sottotitolo «nella cura, nell’educazione e nelle relazioni». Lo curano Salvatore Deiana e Massimo M. Greco con la prefazione di Barbara Mapelli mentre sono tutti maschi – per evidenti ragioni – gli autori: Ludovico Arte (un sociologo che lavora con la Federcalcio toscana), Carlo Bellisai, Sandro Casanova, Marco Deriu, Giacomo Mambriani, Alessio Miceli, Beppe Pavan, Roberto Poggi, Gianluca Ricciato e Mario Simoncini. Qualche nome lo avete incontrato anche su questo blog, parecchi di loro gravitano intorno all’associazione (o forse sarebbe meglio dire rete) Maschile Plurale.
Bastano titolo e sottotitolo per indurre molti (con la i) alla fuga: tema troppo difficile; sarà noiosissimo; so tutto; i soliti maschietti ridicolmente femministi…. e così via con un fuoco di sbarramento che cela l’imbarazzo e – per dirla tutta – la paura. Se però superando il panico e l’egocentrismo ci si accosta al libro… a mio parere si trovano molte riflessioni e storie utili. Sì, qualche punto è più noioso (del resto capita in quasi tutti i libri) ma – come spero di aver mostrato anche con le 5 citazioni all’inizio – nel complesso è una lettura coinvolgente con qualche passaggio che (a seconda delle diverse esperienze) suonerà persino illuminante.
Non mi azzardo a entrare nel merito delle tante questioni anche perché, come si vede dall’indice, i temi sono assai diversi anche se li unifica il maschile da «ripensare», meglio da «trasformare».
Nella prima sezione del libro – una cornice – si ragiona del genere come «questione pedagogica», di «perdere potere e guadagnare autorità», di «cura e corporeità nel maschile».
La seconda parte allinea 4 testimonianze: la tenerissima e profonda riflessione «Di figlio in padre in figlio»; un molto vissuto «Perché e come faccio il maestro» (anche con i più piccoli, in un luogo cioè che, almeno nella scuola italiana, è storicamente femminile); «La forza imprevista della dolcezza», ancora nell’educare; «Che ci faccio qui?» ovvero un percorso maschile nel volontariato ospedaliero.
La terza sezione si intitola «Esperienze e pratiche di cura di sé e delle relazioni»: si muove fra «un’amicizia politica» (a Milano) «contro la violenza maschile sulle donne», una «conversione personale» (a Pinerolo) dentro la più generale «crisi del patriarcato» e «uomini che scrivono di sé» (alla Lua, cioè Libera università dell’autobiografia, e non solo).
La quarta parte – ovvero «Formare maschilità presenti e future» – racconta «la campagna del Fiocco bianco nelle scuole di Bologna», le attività del «Cerchio degli uomini» a Torino (e non solo) e «le identità maschili nelle prassi educative del calcio giovanile» che, a mio avviso, dovrebbe essere apprezzato da chi, per le più diverse ragioni, si ritrova – o presto potrebbe capitare – con i figli a tirar calci dietro una palla.
Chiude il libro un’appendice sul gruppo Trasformazione, che è nato all’interno dell’associazione Maschile Plurale (www.maschileplurale.it) e una utilissima bibliografia.
Non c’è ovviamente una frase che può riassumere tutti questi temi ma se volessi azzardare forse sarebbe questa (che estrapolo dal contesto): «rompere il silenzio su se stessi è una frontiera del cambiamento maschile nel nostro tempo».
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