Riflessioni che prendono spunto dall’attività del Gruppo Uomini Verona e successive all’incontro di Mantova del 29 ottobre:
“Verso un nuovo linguaggio d’amore”
di Mario Gritti
Prologo . Mantova 29 ottobre 2017
Buon giorno. Sono Mario Gritti.
Grazie a Marzia, a tutto il gruppo di donne che ha dato vita a questo percorso, a ogni una ed ogni uno delle/i presenti, grazie per l’invito a questo incontro : “verso un nuovo linguaggio d’amore.”
Ci farà bene. Mi ha già fatto bene! …A proposito di “corpo e Parola”!
Ho preparato un elenco di piccole tracce, per aiutarci – spero- “ad avvicinarci” …come il piccolo principe e la volpe… [spiegare: tempi-modo-scaletta della “ performance”- nominare i presenti…mio limite]
- “verso un nuovo linguaggio d’amore”, al singolare forse perché ogni linguaggio è impastato con il suo proprio modo di dire l’amore; si pensa al linguaggio “universale dell’amore”- credo- fatto anche di gesti”, di modi infiniti, anche senza parole, intrecciati al silenzio… [lettera di Paolo] .
- L. qui forse è detto al singolare nel senso che ogni-una/uno può trovare sé stessa/o nella ricerca del suo proprio linguaggio d’amore, non c’è linguaggio d’amore senza “di me”, senza singolare; Forse due significati dell’uso del singolare stanno: uno sta per “universale”…l’altro sta per “non senza di me”. Ma tutte/i sappiamo per esperienza che non c’è amore senza plurale: non c’è altra via, l’amore non è “ libero” si lega , nasce per…o per meglio dire, è talmente libero da offrirsi in ogni istante e ti “ ricorda “ che puoi fare altrettanto, così si lega, è sempre “fra”, fra “corpi”, fra due, fra due o tre…e trasforma anche “il Linguaggio” sa usare anche un Linguaggio “povero” ma capace di “trasparenza”, e si mostra talmente piccolo, da “ridursi” quasi a nulla, al solo sguardo”, si accontenta di una visione, di vedere e riconoscere ciò che è. Cfr* [salmo 18]
- La danza sul filo fra singolare e plurale sta anche nel binomio Maschile-Plurale: ”parola movimento musicale”. Uomini in relazioni vere di vicinanza vissuta “tra uomini”, che si riconoscono nel desiderio di trasformazione e nella pratica del partire da sé . Dunque appartenenza che nasce dall’interiorità, del desiderio: di stare con…. Poi diviene subito relazione. [Sullo sfondo della madre delle relazioni, e la passione per la vita.] Coltivo questa immagine, per dire del “modo” in cui vivo la mia appartenenza a MPL: penso ad un grande albero sul crinale della collina, sembra perdersi nel cielo. Con un bel tronco, radici profonde, ed un ampio e frondoso ventaglio di rami, carichi di innumerevoli foglie. Insieme ed intorno, altre lussureggianti vegetazioni. Ogni piccola foglia appartiene allo stesso tronco; “ lo condivide” con tutte le altre, ma continua a vivere pienamente nella sua singolarità. Nessuna “storia” è esclusa. Piccole parti di parti legate fra loro. E quando cadono, le foglie si trasformano in humus per le radici dell’albero; tanto lei è parte dell’albero, quanto l’albero di lei . Spirito-desiderio di trasformazione.
- Nel gruppo uomini di Verona: lì, in questa esperienza l’immagine simbolica dell’albero ha preso corpo. Ora voglio dire una cosa importante: “Sono stato preso per capelli”. Non vi avrei mai partecipato per mia libera iniziativa – e ci incontriamo ogni mese fin dal 2002!- se Mario F. , corpo, sguardo e parola, non mi avesse “ preso”, “costretto” appunto in “quel modo” . Si dice “preso per…” di uno che sta per annegare, oppure “salvato per il rotto della cuffia”. Scusate se rimango ancora un poco nel personale, lo faccio pensando alle parole di Dacia Maraini, dalle quali ho preso spunto, obbediente alla via segnata da Marzia, mi sono sentito interpellato – poi saranno evocate- e spero emergerà il filo. Tutto ciò che avrei da portare qui come contributo, avendo come destinatari primi “gli uomini presenti”, nasce in questa esperienza: ero talmente chiuso, ripiegato su me stesso in quel periodo, come serrato in una armatura di ferro medioevale!. Incapace di aprirmi ad una relazione di fiducia, in atteggiamento autoreferenziale. Quando ero invitato a “dire di me” mi sentivo morire.! Senza Parola. Credo di aver fatto l’esperienza della morte relazionale! E non perché “chi” era accanto a me non mi desse amore, no!, ero proprio “paralizzato” nella incapacità di chiedere e ricevere aiuto. Un cuore di pietra.! Un modo “impermeabile” di “stare” al mondo. E’ come vedere tutto senza “anima”, paesaggio morto appunto! Gli uomini: mi sono rivolto particolarmente a “noi” non già perché io penso che “ogni uomo” porti con sé questa problematica relazionale, al contrario a partire dalla esperienza nel gruppo, ne incontro molti veramente capaci di accoglienza, miti di cuore, che agiscono relazioni di tenerezza! Senza questa esperienza non potrei riconoscermi parte dell’albero e sarei ancora lontano, straniero a me stesso. Toccare la vitalità delle radici profonde aiuta la riconciliazione con l’altro e con sé.
Ma vedo nel “mondo”, nelle relazioni, o nelle mancanza di relazioni delle conseguenze, effetti devastanti tali da far emergere delle problematiche che riconosco! Questa malattia della chiusura autoreferenziale, della durezza di cuore e della impermeabilità della mente, insomma “il” taglio della profondità e del mistero, della sacralità di ogni vita umana, negarne la regale ricchezza è inaugurare il regno della scarsità, della negazione …è urgente una trasformazione profonda! Imparare ad amare inizia dal “gesto di Ettore” di aprire l’armatura infernale, uscire da sé….ma se l’altro è una presenza fastidiosa, se è un nemico, chi mai mi potrà aprire la porta da cui uscire verso la “vita” vera? Non è possibile vivere con il pregiudizio che “l’altro” sia un “predatore” rapace.
- Andata e ritorno: tornare all’interiorità. E’ il titolo del mio/nostro intervento, piccola performance…a proposito: faccio appello…..Ritorni di….
Per dire che la visione della trasformazione che coltivo, che coltiviamo, non aderisce a “modelli” di maschilità “esteriori”, ma nasce nell’imparare, sì dall’abc, ad affidarsi a/in relazione/i vive, intese come luogo necessario alla vita reale, alla trasformazione. Per mettersi in cammino. Alludo anche alla ricerca di un conflitto non distruttivo, arte da coltivare , via alla trascendenza! Capovolgimento “mortale” che fa morire la morte per autoreferenzialità. “Creazione” di un luogo in sé in cui c’è posto per “l’uno e per l’altro”. E come in matematica, l’uno viene dopo “lo zero” inteso come posto riservato all’altro! Nuova numerazione: “L’altro”, 1,2,3… Si sgretola il “modo di vivere e sentire l’altro” come nemico.
La “porta stretta” per uscire, all’aria aperta per il respiro della vita, è la stessa da cui la vita stessa può entrare. Ma come potrà farlo se la chiusura è ermetica?
Cambiare sguardo: sguardo come confine, in cui si salda la Realtà, interiorità-singolarità
e vicende esterne. Chiudo con questa evocazione, riflesso che tiene insieme sguardo e linguaggio:
esperienza dello sguardo riconoscente. “Sguardo riconoscente”, significa “implica” già una
“feritoia”, da cui …!!! E’ pausa, ascolto, silenzio tra le parole, diaframma tra un respiro e l’altro.
Eco ed alito. Battito d’ali, fruscio leggero…
- Nel “mio” simbolico profondo è emersa , in fine, una visione [mi scuso per la mia ignoranza, quante letture “psicologiche” ci sono!!! che raccontano molto meglio quanto sto per dire!] che mi aiuta un poco a chiarire a partire da me stesso la confusione “di linguaggio” nelle espressioni usate dagli uomini che agiscono violenza nelle relazioni con le donne. Il Je t’aime” del muro nella locandina, per intenderci. [rif. CAM]
Lo racconto con le mie parole. Maturate a partire dal racconto che Giacomo mi ha fatto qualche anno addietro credo per la nascita di Sofìa Teresa, G. era con… alla nascita di…
Il simbolico della nascita come scena primaria in cui è presente il sangue, nella esplosione del mistero della vita. Il sangue , i sangui -come li chiama il mito biblico di Caino- per dire che il sangue rappresenta la sacralità del legame umano profondo, che la violenza “non deve spezzare”. “Anche” nella esperienza del parto, la più radicale e iniziatica, è il sangue/i delle due creature. Dell’una e dell’altra: nella esperienza, primo sguardo -e visione simbolica- di unione, prima della separazione. “il luogo della custodia del mistero della vita”. Dell’abbandono fiducioso assoluto. Mentre la risposta di Caino nasce da una separazione mortale, l’aut-aut della espressione “o io o lui” della gelosia, la separazione nel/del parto segue “il dono”. ll tempo che lega- anche nella separazione- madre e figlia/o per la vita e nella vita, è il tempo del respiro. Il tempo del primo respiro. …e l’abisso si rivela misteriosamente luogo accogliente. Il respiro che è vita. Anche se appare e rimane il segno di un “tempo di angoscia e di paura d’essere abbandonati”. Certo. Ma il respiro è lì, come filo della vita, che tesserà la storia individuale, entra nell’anima a scandire ogni istante, con un sussurro – ad ogni battito del cuore- … Delle potentissime parole: “Io sarò sempre con te.” L’angoscia dell’abbandono, è superata e la paura sciolta dal di dentro, all’interno di una sovrabbondanza di relazione. La storia inaugurata dalla gelosia, dalla cecità nel non riconoscere la “sovra-abbondanza” della relazione d’amore, e dalla paura di “vivere”, spezza il legame perché, cieca, vede solo scarsità e mancanza. Mentre l’esperienza “del nascere” apre l’ascolto alla-voce- parola materna, alla modalità relazionale accogliente e fiduciosa. Gesti ed esperienze scandite nel ritmo e nella frequenza del battito cardiaco, risonanze di vibrazioni profonde. Segreto contatto di corpi che inaugurano il mistero della vita. Simbolico e Reale.
[Domanda] Dottoressa Maraini cos’è per lei l’amore?
[Risposta. Dacia Maraini]
L’amore è sentire che non si può fare a meno di una persona.
Ma sarebbe importante da tenere presente che:
1 – la persona che ami non ti deve niente,
2 – che non è tua solo perché la ami,
3 – che non hai nessun diritto su di lei.
Ovvero devi rispettare la sua libertà e la sua persona per quello che è e non pretendere che sia come tu la vuoi.
So che è difficile, ma il vero amore può fare questo miracolo.
L’amore-possesso, l’amore –tirannia, l’amore ossessione, sono copie a volte grottesche dell’amore più bello che è sempre generoso.
Sì, signora Dacia sono entrato dalla porta della dipendenza nella relazione d’amore, ma “chi” dall’altra parte apriva il suo sguardo su di me, col suo sguardo ha compiuto il miracolo. “Amore è più forte di morte”. Ogni volta che un uomo per amore muore a se stesso, si apre uno spiraglio, un angelo del signore scende dal cielo e gli fa visita, poi l’accompagna silenzioso nel cuore del nulla e risale portando con sé una nuova vita. E’ la nascita dalla Ruah.