STOP
ALLA VIOLENZA MASCHILE SULLE DONNE
Anche agli uomini conviene
di Vanna Lorenzoni*
Il 7 marzo a Pianfei si è tenuta una importante e affollata (210 partecipanti) assemblea dello SPI-CGIL del Cuneese “Basta violenza sulle donne”, con la presenza e la radicalità (vera novità) di Domenico Matarozzo dell’associazione “Maschile Plurale” e a Torino dell’associazione “Cerchio degli uomini” che si occupa degli uomini maltrattanti ormai da tanti anni, in rete con altre associazioni presenti in diverse città Italiane.
Interloquivano una psicologa, Manuela De Valle, una esponente della Questura di Cuneo e due volontarie di associazioni che si occupano di donne vittime di violenza. Questi autorevoli interventi hanno colpito nel segno, i presenti erano visibilmente scossi tra condivisioni, interrogativi e anche contrasti con la visione proposta….
La violenza interroga tutti, nessuno può chiamarsi fuori: quando un terzo delle donne nel mondo e anche in Italia subisce violenza, di queste tre su quattro sono maltrattate in famiglia e solo il dieci per cento ha il coraggio di denunciare, si parla di un fenomeno enorme, strutturale della nostra società e difficile da sradicare. Il femminicidio è solo la punta dell’iceberg, ma prima di arrivare al fatale epilogo ci sono sempre tanti segnali di disagio, in genere una escalation di maltrattamenti, di cui molti hanno percepito, saputo, visto, ma hanno preferito non immischiarsi.
Spesso i famigliari del maschio solidarizzano con il figlio, contro la nuora e quelli della vittima sconsigliano l’interruzione del rapporto di coppia, anche se la relazione è palesemente ormai fallita: “Con gli uomini bisogna avere pazienza” “E’ tuo marito, pensa ai tuoi figli”. Non sempre si tratta di maltrattamenti fisici, è devastante anche la violenza psicologica (umiliazioni, proibizioni di uscire o di vestire in un certo modo…) o economica (l’uomo gestisce da solo la cassa, fa licenziare dal lavoro la moglie…). Il conflitto, anziché governarlo, diventa una guerra, con continue prevaricazioni.
C’è una cultura millenaria di predominio maschile e di donne considerate inferiori, rafforzata da modelli comportamentali competitivi, gerarchici e frammentazione sociale, che produce uomini che non sopportano la crescita femminile della consapevolezza di sé e dei propri diritti, che non riescono a stare al passo con i desideri e la rivoluzione femminili. Del resto nel ’63 c’era ancora la norma che prevedeva la correzione della moglie e dei figli da parte dell’uomo, nell”81 era ancora previsto “il delitto d’onore”, e solo nel ’96 viene introdotto, nei casi di stupro, il reato contro la persona e non contro la morale ed era ancora attuale il concetto di matrimonio riparatore.
Quando le donne non se ne vanno da casa, è anche perché c’è un ciclo della violenza: dopo una prima fase di seduzione amorosa, segue quella del plagio e della manipolazione in cui incominciano i maltrattamenti, che producono insicurezza e paura, poi torna la “luna di miele” e la richiesta maschile di perdono, a cui la donna risponde, in un delirio di onnipotenza, come una crocerossina: “Io ti salverò, io ti cambierò”. Poi la storia si ripete in peggio.
Questo capita a donne di tutte le estrazioni sociali. Il maltrattante non è vittima di un raptus, non è, in genere, un malato di mente, è una persona incapace di uscire da una situazione di potere come prevaricazione e di controllo sull’altra, di possessività e di gelosia.
Da qui l’importanza dell’educazione dei figli o dei nipoti: trattiamo ancora diversamente le femmine rispetto ai maschi? Introduciamo nell’esperienza dei piccoli i soliti vecchi ruoli femminili e maschili? E’ importante che si lavori nella famiglia e nella scuola sulle nuove generazioni per cambiare la cultura patriarcale e prevaricatrice dell’uomo, promuovendo la valorizzazione della costruzione dell’identità, autonomia, soggettività, autorevolezza, libertà e desideri delle donne e degli uomini, per una effettiva parità. Ciascuno di noi nella propria sfera privata può fare il suo pezzettino di lavoro con i più giovani e per sostenere un famigliare o un’amica o una vicina nel percorso di fuori-uscita dalla violenza.
Chi si trovi nella condizione di chi subisce o agisce violenza, prima del peggio, inizi a cercare le soluzioni per uscirne.
Nessuno va o verrà lasciata/o sola/o con i suoi drammi. Si può anche segnalare alle autorità di polizia situazioni di violenza di cui si sa, con garanzia di anonimato, perché non va mai bene far finta di niente.
Nel territorio, poi, noi dello SPI siamo agenti sociali e possiamo favorire la socialità (anche con l’Auser), contro la solitudine: la violenza produce isolamento per la coppia e per gli individui che ne sono coinvolti; possiamo favorire l’ascolto e l’accoglienza delle situazioni critiche con i nostri sportelli e indirizzare verso luoghi deputati a trattare i casi, come i centri antiviolenza; possiamo contrattare con le istituzioni la diffusione e il rafforzamento dei centri e delle attività antiviolenza, compreso l’occuparsi degli uomini che agiscono violenza, che creano tanta infelicità anche a se stessi..
Ma l’azione più importante è fare cultura, quella cultura che svela anche agli uomini il vantaggio nel rompere la gabbia degli stereotipi del macismo (l’uomo forte, guerriero, razionale che soffoca la sua emotività per non sembrare una femminuccia), che crea tanta infelicità. La felicità sta nella costruzione di relazioni tra pari, tra soggetti che possono dispiegare liberamente tutta la loro affettività, sessualità ed emotività, che, insieme alla razionalità, rendono ciascuno unico e tutti diversi nelle nostre differenze (ognuno ha il suo mix di componente femminile e maschile). Siamo donne o uomini in tanti modi diversi, siamo plurali.
Accettare che una donna possa dirti no, svela che quando incontri un sì è un sì, che pone in armonia corpo e mente per la felicità di coppia. E per un uomo condividere la cura del suo anziano genitore malato (normalmente delegata alla donna di famiglia) o esprimere una paternità presente, attenta, premurosa, amorosa con la madre dà un senso di pienezza alla vita e offre ai figli in dote, con il sentirsi amati e non trascurati, una visione positiva del mondo.
*Vanna Lorenzoni, Responsabile Previdenza, Formazione, Coordinamento Donne SPI CGIL Piemonte