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Perché come uomini e padri siamo contrari al disegno di legge Pillon

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Come uomini impegnati da tempo nella ricerca di un nuovo modo di vivere la maschilità e la paternità, consapevole del mutamento creato dalla nuova libertà delle donne, ci rivolgiamo agli uomini presenti nelle forze politiche e nelle istituzioni, così come nel mondo associativo, sindacale, e in quello dei media

Condividiamo le ragioni con le quali tante associazioni e movimenti femminili e femministi stanno conducendo – con il sostegno di numerosi esperti e esperte della materia – una forte opposizione contro le ipotesi normative contenute nel disegno di legge Pillon, e contro molti aspetti della cultura della famiglia e delle relazioni che lo sostiene e lo accompagna.

Il principio astrattamente giusto di una responsabilità condivisa ed equilibrata tra i genitori nei confronti dei figli in caso di separazione, così come nella vita di coppia, viene distorto con previsioni non accettabili che riguardano in particolare:

– l’obbligatorietà della “mediazione familiare” – una pratica che ha senso eventualmente solo se liberamente richiesta da entrambi i genitori;

– la rigidità dei tempi paritari imposta ai figli nella relazione con i genitori separati;

– l’eliminazione dell’assegno di mantenimento, concepita in un modo che di fatto ignora la grave disparità tuttora vigente nelle concrete condizioni di vita e lavoro fra uomini e donne;

– il riferimento a teorie psicologiche come l’alienazione parentale (PAS) che sono ritenute prive di fondamento dalla maggioranza degli esperti e strumentalmente utilizzate per negare e occultare situazioni di violenza e abuso.

Il disegno di legge fa proprie rivendicazioni di un articolato associazionismo che strumentalizza ideologicamente il disagio dei “padri separati” per alimentare una rivincita connotata da culture maschiliste e patriarcali  ignorando le proposte di un diverso associazionismo maschile per una nuova paternità  rispetto alla quale sarebbe necessario un impegno molto più attento e responsabile.

Come uomini abbiamo imparato quanto sia sbagliato e illusorio fare appello alla norma per valorizzare e difendere la nostra esperienza di paternità che deve necessariamente fare i conti con la relazione che si costruisce con una donna: questo vale sempre, e specialmente nel caso di conflitti che ricadono sulla vita dei figli.

Il desiderio maschile di vivere in modo più positivo e profondo la paternità va invece incoraggiato sostenendo il riequilibrio nel lavoro di cura domestica e genitoriale. Ciò significa armonizzare il modo di lavorare e di produrre reddito con i tempi della vita e della riproduzione della vita.

E’ molto negativo – da questo punto di vista – che, come ha denunciato Tito Boeri, nella manovra economica del governo manchi il rifinanziamento dei congedi di paternità obbligatori e facoltativi che negli ultimi tempi sono stati faticosamente incrementati, sia pure in modo ancora largamente insufficiente.

Così come non si vedono scelte politiche incisive per aumentare l’occupazione femminile e migliorare la condizione di tutti i lavoratori e le lavoratrici rispetto alle scelte familiari e di convivenza e ai tempi di vita.

Più in generale è necessario ripensare la genitorialità oltre modelli stereotipati e complementari che imprigionano la vita e i desideri di donne e uomini, nel lavoro come nelle relazioni di cura.

Come uomini impegnati da tempo nella ricerca di un nuovo modo di vivere la maschilità e la paternità, consapevole del mutamento creato dalla nuova libertà delle donne, ci rivolgiamo agli uomini presenti nelle forze politiche e nelle istituzioni, così come nel mondo associativo, sindacale, e in quello dei media, perché si sviluppi una riflessione profonda su questi temi, si metta da parte un disegno di legge basato su una cultura arretrata e pericolosa come quello avanzato dal senatore Pillon, e si apra un confronto sul complesso delle azioni, non solo normative, ma anche sociali, economiche e culturali, per favorire effettivamente il miglioramento delle relazioni nelle famiglie e nelle convivenze, in modo che la qualità degli affetti e del rispetto, nei confronti dei figli così come tra adulti, si possa garantire anche nel caso dei conflitti e delle separazioni.

Per la Rete Maschile Plurale:

Fabio Bonacina, Antonio Canova, Mario Castiglioni, Marco Cazzaniga, Lino Ceccarelli, Stefano Ciccone, Riccardo Corrieri, Giuliano Dalle Mura, Andrea De Giacomo, Franco Fazzini, Mario Gritti, Orazio Leggiero, Alberto Leiss, Giacomo Mambriani, Jones Mannino, Alessio Miceli, Domenico Matarozzo, Beppe Pavan, Roberto Poggi, Fabrizio Rancorati, Gianluca Ricciato, Roberto Sampiero, Francesco Seminara, Mario Simoncini, Franco Tagliaferri, Giancarlo Viganò, Alberto Villa

 

ddl pillon femminismo genere maschilismo paternità politica
Maschile Plurale09/11/2018

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6 thoughts on “Perché come uomini e padri siamo contrari al disegno di legge Pillon”

  1. Dario ha detto:
    11/11/2018 alle 0:27

    Purtroppo l’articolo è scritto in evidenza da chi non ha subito tutta la violenza di vedersi ostacolato continuamente nel rapporto con i figli, nel subire infami accuse di falsi abusi, nel constatare una manipolazione continua sui figli e demonizzazione della figura paterna, per non parlare dello sfruttamento economico, i ricatti… situazioni sempre più frequenti che portano molti padri alla disperazione, e molti crollano nello sconforto. Spiace davvero che non si comprenda la necessità di un cambiamento radicale.

    Rispondi
  2. federico ha detto:
    11/11/2018 alle 2:35

    Credo che nessuno degli uomini che hanno redatto quest’articolo sia un padre separato.
    Se lo fossero saprebbero quanto la PAS esiste eccome, che il mantenimento è una doppia beffa (non posso vedere mio figlio quanto vorrei/dovrei e in più devo pure pagare qualcun’altro per farlo al mio posto)
    Quanto la rigidità c’è tutt’ora con prassi di diritti di visita un weekend ogni due che non consentono nulla per lo svolgimento del ruolo genitoriale e meno, nel legame affettivo, di quello che sarebbe più consono.
    Saprebbero che la situazione attuale continua SISTEMATICAMENTE ad aggirare la legge sull’affidamento condiviso, creando un genitore collocatario che per legge non era previsto.
    Saprebbero che l’obbligatorietà della mediazione familiare è già una prassi del tribunale, ma poi se non si fa ne paga sempre e solo le spese il padre che sempre e comunque non vedrà il figlio.
    Ah, e si dimenticano che se è importante la relazione con la donna, è IMPORTANTE ANCHE LA RELAZIONE CON L’UOMO, perchè con un genitore oppresso non può esserci la felicità dei figli e del sistema familiare.
    E si dimenticano di quanti padri ridotti sul lastrico, morti suicidi per il dolore di vedersi strappati i figli e di non riuscire più ad avere una vita dignitosa, ad avere una casa, e comunque vessati da mantenimenti iniqui, una situazione che continua ogni giorno nell’INDIFFERENZA, spiace, sia femminile che maschile.

    Rispondi
  3. Cherubina Bertola ha detto:
    11/11/2018 alle 17:44

    GRANDI, uomini di MASCHILE PLURALE!!! Abbiamo bisogno della vostra voce forte perchè queste non sono, e non sono mai state questioni esclusivamente femminili. Oggi con questo argomentato intervento lo spiegate molto bene.
    Questa è la strada giusta!!! e chi mi conosce sa che l’ho sempre pensato!
    Grazie DAVVERO!!!
    Cherubina Bertola

    Rispondi
  4. Erika ha detto:
    11/11/2018 alle 18:28

    Ma lo avete letto il ddl? Non impone nulla ciò che dite. Li difende in linea di principio. Tutto qui. Difende il principio per il quale il bambino ha il diritto di frequentare in ugual misura padre e madre. Ciò poi, si specifica, va adattato ad ogni singolo caso, al lavoro, al tempo a disposizione, alle risorse di ciascun genitore nonché alla loro stessa volontà! L’assegno viene eliminato solo nel caso (diciamocelo utopistico) di pari reddito, pari ore e giorni, questo nuovamente solo in linea di principio, da nessuna parte si dice che verrà diminuito, né tanto meno eliminato nel caso una delle due parti abbia minore disponibilità economica. Non so proprio dove l’avete letto. Il mediatore poi non è un consulente. Il primo fa separare, il secondo era volto à un tentativo di riconciliazione. Svolge ciò che oggi già svolgono gli avvocati che però difendono anche per anni gli interessi del proprio assistito mentre il mediatore sarebbe super partes. Infine io sono stata vittima di alienazione, conosco molte altre persone come me, ne vogliamo parlare? Anche la depressione un tempo non era considerata malattia. E si curava con l’elettroshock. C’è mi sembra molta disinformazione, grave visto che diffonde un infondato allarmismo.

    Rispondi
  5. Luca ha detto:
    28/11/2018 alle 13:53

    IL ddl Pillon mette finalmlente al centro il bene e il benessere psicofisico del bambino punisce severamente le false accuse diventate un cliche’ per avere vantaggi sull’affido del minore e conseguenti vantaggi economici allontanando dal bambino la figura di un genitore creando un enorme danno psicofisico al bambino e al genitore falsamente accusato.
    Basta con questa ipocrisia e basta con questi articoli .. leggetevi il ddl
    Forza senatore Pillon finalmente una legge per il bene dei figli

    Rispondi
  6. Imma Cusmai ha detto:
    01/12/2018 alle 12:19

    Con le menti criminali non ci si è ancora attrezzati a sufficienza. Le ripercussioni spesso inquietano gli stessi controllori.

    In questo video di 4 minuti racconto di Marco Casonato consulente di parte nella CTU nel 2015 legata al prelievo coatto a scuola di mia figlia contesa dal padre (2013). Oggi Casonato è in carcere. Ha ucciso suo fratello il 1 novembre 2017 passandogli sopra con la macchina più volte.

    https://youtu.be/IPuOtnmbBGw

    Rispondi

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