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foto di Ico Gasparri
Comprare sesso non ci è lecito,
di Gian Piero Bernard, pubblicato il 5 mar 2011
sul quotidiano L’attacco, di Foggia
Web, home page di tiscali, qualche giorno fa. Sulla destra c’è un riquadro, una galleria di immagini pubblicitarie: San Valentino: sexy lingerie per sedurlo. A chi pensiamo siano destinate queste foto? Agli uomini, sia se sono un invito a comprare questi prodotti per le loro mogli compagne amanti, sia se sono rivolte alle donne per piacere agli uomini. Al centro è l’immaginario maschile, anzi un certo immaginario maschile. Anche le pubblicità che mostrano corpi maschili mi sembrano prigioniere dello stesso immaginario: bellezza senza emozioni, modello unico cui aderire, esibizione di corpi oggettivati.
E qui comincia la complicità. Perché gli uomini che non si riconoscono in quell’immaginario non lo dicono e non ne mostrano un altro? Questo mi fa pensare che sono i maschi ad avere un rapporto problematico con il corpo, sia esso quello di una donna, sia quello di un altro maschio o il proprio. Molti, nello scambio di piacere, danno danaro perché non sanno dare in cambio sentimenti. Spogliano la donna della sua soggettività perché vederla intera vorrebbe dire offrirsi interi e accettare la propria fragilità. Si preferisce un gioco separato in cui non valgono le regole della vita. Uno scambio mercificato lascia l’illusione di essere padroni del gioco e può succedere che l’altra stia a quel gioco e tenti di diventarne padrona a sua volta. Non è successo questo con i festini nelle ville del potere?
Per questo accettare che i corpi siano messi in mostra ci fa accettare un linguaggio che associa il piacere alla riduzione dell’altra ad oggetto, una pratica che è quotidiano apprendistato, nutrimento pervasivo di un unico immaginario. Per questo poi non ci si indigna quando il corpo diventa merce sessuale: in fondo lo si è già accettato. Ancora una volta c’è complicità.
Ecco, quello su cui vorrei che il dibattito continuasse è una riflessione a partire dalla consapevolezza che non ci è lecito comprare corpi, sia di donne che di uomini, e che il cambiamento di civiltà che deve ripensare tutta la sessualità e il rapporto col corpo, con i sentimenti e col danaro può partire da qui: vi sono azioni che non sono lecite.
Ciò a cui molti di noi stiamo lavorando è alla costruzione di rapporti sociali positivi a partire dalle relazioni singolari con le donne che frequentiamo, dovunque noi siamo.
È l’attenzione alle relazioni concrete la nostra risorsa contro la riproposizione della miseria maschile che tanti avvenimenti ci sbattono in faccia. Come far diventare questo una politica efficace che apra conflitti sul piano dell’immaginario e sottragga terreno ai processi di mercificazione? A me è successo che mi ha mosso molto più la gioia che ho sentito per la creatività, la presa di parola, l’azione politica fuori dagli schemi delle donne che non la vergogna e il dolore per la violenza maschile, che pure c’è. C’è una fiducia nelle donne che ci può dare nuova parola e c’è l’esempio di una libertà femminile che non prevarica. Questo mi insegna che è possibile una diversa libertà, una diversa gioia anche per me, per noi maschi.
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