Mag 2012 “L’onnipotenza del limite”
di Orazio Leggiero *
già pubblicato sul mensile di Monopoli (BA)
“Report M.” nel numero di Maggio 2012
E se noi uomini prendessimo coscienza di essere divenuti inadeguati ad amministrare da soli la cosa pubblica, e facessimo un piccolo ma provvidenziale passo indietro? Ma poi, sarebbe davvero un passo indietro oppure un passo in avanti verso la consapevolezza e la civiltà?
Una obiezione ancora possibile da ascoltare è che le donne non sarebbero portate per la politica e che pertanto non sarebbe giusto obbligarle per legge a farlo. Non doveva pensarla allo stesso modo Charlotte Whitton, una femminista ante litteram canadese che ricoprì importanti cariche pubbliche durante la prima metà del secolo scorso.
Ecco il suo più celebre aforisma: “Le donne devono fare qualunque cosa due volte meglio degli uomini per essere giudicate brave la metà. Per fortuna non è difficile”. Verrebbe da pensare che Whitton, cimentandosi con gli uomini sul loro terreno privilegiato, ha potuto verificarne meglio i limiti e le debolezze. Certo, il suo giudizio degli uomini non doveva essere così esaltante. Quel “per fortuna non è difficile” suona come una pesante stroncatura del genere maschile.
Ma oggi questa stroncatura rischia di apparire, ahimè, più che mai attuale e veritiera alla luce di quanto sta accadendo nella politica e nella economia, due terreni da sempre di dominio esclusivo degli uomini.
Vogliono farci credere che quello che stiamo vivendo è il prodotto di ineluttabili leggi del mercato e della economia globale, ma è vero invece che si tratta dei frutti avvelenati di un sistema patriarcale fondato sulla competitività senza freni, sull’avidità e sulla disumanizzazione delle relazioni. Il patriarcato ha reso gli uomini delle macchine da guerra e da lavoro, capaci di eliminare (spesso eludere) i problemi piuttosto che prendersene cura.
E’ vero, le donne non sono portate per la politica. Ma come potrebbero esserlo se questa politica è il luogo nel quale i modelli, le pratiche, i linguaggi sono ritagliati sulla natura e i bisogni degli uomini? E per giunta con risultati disastrosi anche per se stessi.
Sarebbe un errore ritenere che il problema del riequilibrio di genere nei luoghi istituzionali riguardi soltanto le donne: riguarda nientemeno che il tema della rappresentatività, elemento cruciale nella democrazia. Ma la posta in gioco è ancora più alta e profonda, e riguarda la relazione dell’uomo con il potere, la riscoperta di una nuova identità di genere, la capacità di recuperare la funzione archetipica paterna, oggi messa in pericolo da quello che Lacan chiamava “evaporazione del padre”.
Di tutto questo, e di tanto altro ancora, possono beneficiare gli uomini da un maggiore coinvolgimento delle donne nella pratica politica. Forse è giunto il momento per noi uomini di prendere le distanze da una certa ansia da prestazioni pubbliche e deliri di onnipotenza, e cominciare invece ad assaporare il piacere del limite e della parzialità.
* Maschile Plurale – Gruppo Uomini in gioco, Bari
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