Da uomo a uomo
Che cosa è in gioco con i referendum del 12 e 13 giugno 2005?
Una presa di posizione dei gruppi uomini sul referendum contro la legge 40 sulla PMA (Procreazione Medicalmente Assistita)
Desideriamo una relazione tra i generi che si misuri criticamente con le aspirazioni e i desideri di ciascuno/a e con le fantasie di onnipotenza, le torsioni della libertà in autosufficienza, le promesse tecnologiche di reinvenzione dei corpi. Una relazione che chiede uno spazio vero tra la prima parola e l’ultima che le donne debbono continuare ad avere sulle scelte che riguardano la loro possibilità di generare un essere altro da sé.
Ancora una volta, il corpo delle donne è considerato un bene di interesse pubblico su cui “la società” deve legiferare nel nome di un supposto interesse superiore, neutro e trascendente.
Respingiamo una concezione secondo cui la libertà dell’uomo, per crescere, deve limitare, negare, ostacolare la libertà della donna. Non siamo disponibili a progetti di “rivincita” del maschio. Questa cultura maschile non ci rappresenta come uomini. Siamo convinti che la libertà delle donne è condizione essenziale della nostra stessa libertà di uomini. Vogliamo affrancarci da una complicità con politiche che tendono a imporre per legge limiti all’autonomia e alla libertà delle donne. La volontà di dettar legge, nel campo della sfera più intima delle relazioni umane, da parte di un gruppo di maschi celibi (la gerarchia cattolica) ci appare intollerabile. Essi giocano sull’ignoranza e sulla soggezione tradizionale di tanti/e nei confronti del clero, agitando in modo strumentale le questioni della clonazione, dell’eugenetica, della selezione razziale, per mascherare la volontà patriarcale di dominare sui corpi e le coscienze.
Non è nella legge (nel potere, nel ruolo di capofamiglia, nel riconoscimento normativo di poter dire la propria sulle scelte delle donne) né nel controllo tecnologico del corpo femminile e della sua capacità
generativa, che potremo trovare risposta alla domanda di senso che segna la nostra condizione di uomini.
Noi pensiamo che la paternità sia relazione, non un atto di proprietà. Sono padre perché con il bambino o la bambina costruisco una relazione che coinvolge il mio corpo e le mie emozioni.
Ma per diventare bambini e bambine gli embrioni hanno bisogno del desiderio, del corpo della madre, e della sua scelta: senza tutto questo non nasce vita. Come può una legge dare ordini o imporre proibizioni alle donne in questo campo? Non dovrebbe, lo Stato, limitarsi a creare le condizioni
perché maternità e paternità si possano esercitare nel miglior modo possibile? La legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita ci appare violenta nei confronti delle donne, perché aggiunge sofferenze al dolore derivante dalle difficoltà ad avere figli o dal pensiero di mettere al mondo bambini
e bambine con gravi problemi di salute. Ma lo è anche verso noi uomini, perché ci impone un ruolo di proprietari e controllori, che contraddice la nostra idea di paternità come relazione.
Sentiamo come un atto di violenza anche l’invito pervicace ad astenersi dal voto. Chi propaganda l’astensione intende imporre il punto di vista di una minoranza come unico, immodificabile, valido per tutti e tutte, contro la libera e consapevole espressione delle scelte degli uomini e delle donne.
Pertanto dichiariamo la nostra totale dissidenza nei confronti di questa cultura e di queste pratiche, anzi invitiamo tutti e tutte a informarsi, a riflettere e a scegliere la strada della libertà e della responsabilità.
La battaglia per l’abrogazione della legge 40 non è quindi per noi solo legata a ragioni (per quanto sacrosante) di solidarietà alle donne, che da quella legge sono direttamente offese. Questa battaglia ci riguarda, e ci riguarda in quanto uomini. Combatterla si può, e secondo noi si deve, anche
nel nostro interesse.
Per fare questo dobbiamo sgombrare il campo da una legge retriva sulle scelte di vita delle persone e il loro accesso alle tecniche, per aprire un nuovo spazio di confronto tra donne e uomini.
Da parte nostra, risponderemo SI’, con convinzione, ai quattro quesiti referendari.
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