STORIA DI NISHA
di Mario Simoncini
Questa storia la voglio raccontare perché è una storia che mi ha catturato, mi ha fatto attorcigliare le budella, mi è entrata nel cuore e nella pancia. E’ la storia di Nisha, una ragazza pakistana di 16 anni, che viveva in Norvegia assieme a padre e madre, a un fratello, e a una sorella più piccola. La famiglia le lasciava lente le redini, Nisha andava a scuola, faceva sport, frequentava ragazzi, aveva un’amica del cuore con cui si scambiava le confidenze che di solito si scambiano le ragazze di quell’età, non portava neppure il velo pur essendo musulmana. E aveva un fidanzatino. Non è che ci facesse sesso, col fidanzatino, solo qualche bacio, niente di più. Il padre, affettuoso e severo a un tempo, premuroso al punto da assicurarsi che la sera i figli più grandi fossero già a letto socchiudendo la porta delle loro camere, la incitava a studiare, voleva che dopo la scuola andasse all’università per poi trovarsi un lavoro, affermarsi nella professione scelta, più o meno come il fratello.
Una sera, però, il fidanzatino, scavalcando un paio di balconi, quei balconi che Nisha adoperava spesso per calarsi giù e uscire indisturbata dopo che tutti gli altri erano già a letto, la raggiunge nella sua camera. E’ venuto per fare finalmente l’amore o soltanto per chiacchierare, tra una carezza e un bacio? Non lo sapremo mai, perché il padre, sentendo rumore, irrompe nella stanza di Nisha e urlando picchia selvaggiamente il ragazzo. Ora, che dirà la gente? Se lo chiede soprattutto la madre, preoccupata che la comunità pakistana venga a conoscenza della condotta scandalosa della ragazza. Il rimedio è quello classico: i ragazzi si sposeranno e così tutto andrà a posto. Ma Nisha, incontrando ancora una volta il fidanzatino, capisce che non è lui l’uomo della sua vita, e capisce, soprattutto, di non avere nessuna voglia di sposarsi, lei ancora così giovane, quasi una bambina.
I suoi genitori sono sconvolti dal suo rifiuto di sposarsi, i servizi sociali cui la ragazza si è rivolta per sottrarsi alla furia del padre, le danno appoggio e la ospitano in una loro casa protetta. Nisha, tuttavia, ha nostalgia della sua famiglia, e così basta una telefonata apparentemente affettuosa della madre a convincerla a tornare a casa. Ma è tutto un inganno: il padre è venuto a prenderla in macchina insieme al fratello, lei domanda con insistenza “dove stiamo andando?” ma i due non le rispondono neppure. Arrivano all’aeroporto, dove, congedato il fratello, padre e figlia si imbarcano per il Pakistan. Nisha sarà ospite della zia, sorella del padre, e della sua famiglia. Sarà guardata a vista, di fatto prigioniera, subirà una sorta di rieducazione, di disintossicazione dai costumi occidentali (quegli idioti degli occidentali, così a tavola li ha definiti una volta suo padre). Inutile cercare di fuggire: Nisha prova ad allontanarsi di notte, ma non sa dove andare, i vicoli attorno alla casa sono un reticolo minaccioso, abitato da uomini che la molestano (figuriamoci, una ragazza che gira da sola di notte), e quando lei, vinta, torna alla sua prigione, la zia la accoglie sussurrandole beffarda “volevi andare in aeroporto? è a 350 km da qui!”
Inizia questa nuova vita, con i suoi rituali quotidiani, sempre uguali: bisogna andare al mercato con la zia, contrattare con i venditori, subire gli sguardi maliziosi degli uomini, e poi tornare a casa e imparare la preparazione di cibi tradizionali… e se no che senso avrebbe questa trasferta? Sembra che a poco a poco Nisha si stia rassegnando, appare più obbediente, più serena, più rispettosa verso gli zii, fa amicizia con la cuginetta con cui condivide la stanza, e non è insensibile alla corte timida e discreta del cugino. Ma ancora una volta lo scandalo è in agguato: i due “innamorati” escono furtivamente di sera tardi e vengono sorpresi mentre si baciano da una pattuglia di poliziotti che, dopo avere picchiato il ragazzo, insultato Nisha, fatti spogliare i due e averli filmati con i cellulari, li riportano a casa pretendendo una mazzetta in cambio del silenzio sulla vicenda. Il padre di Nisha accorre dalla lontana Norvegia per affrontare i parenti inferociti e trovare una soluzione. Invano propone il matrimonio tra i cugini: gli zii non vogliono avere più in casa la svergognata, e il ragazzo, che sembrava tanto innamorato della cugina, interpellato sulla possibilità di sposarla si limita a rispondere invece che obbedirà al volere dei genitori.
Non resta che tornare in Norvegia, dove Nisha si trova a subire l’ostilità della madre, che lamenta l’ostracismo della comunità e la conseguente esclusione dalla vita sociale. Nisha è anche lì una prigioniera, costretta a cambiare scuola rinunciando alle vecchie amicizie, accompagnata dal padre all’entrata e all’uscita, e per di più le antiche ambizioni di ingresso all’università e di carriera professionale vengono abbandonate: una famiglia di vecchi conoscenti, infatti, offre un’occasione di “riscatto sociale” alla famiglia proponendo il matrimonio col figlio, che per il momento studia all’estero e col quale si stabilisce un collegamento via skype per sottoporlo all’approvazione dei futuri consuoceri. Nisha acconsente alle nozze, pur sapendo che il suo destino sarà simile a quello di sua madre, una brava donna di casa, abile in cucina e irreprensibile nei costumi. Anche di fronte alle assistenti sociali, che hanno convocato la famiglia dopo il ritorno della ragazza in Norvegia, Nisha appare remissiva e rassegnata alla vita che la attende accanto al futuro marito.
E’ arrivato l’inverno nel frattempo, nevica in Norvegia, una coltre di neve spessa copre le strade della città. E’ notte. Nisha, accompagnata dallo sguardo complice della sorellina, si alza dal letto furtivamente, indossa un maglione e un paio di jeans e scavalcando il balcone e calandosi giù come una volta raggiunge la strada e si allontana correndo, finalmente libera. Ma non è del tutto sola: il padre, infatti, si è accorto della sua fuga e, attraverso il vetro della finestra, la guarda apparentemente impassibile. Non sappiamo cosa gli passa per la testa, ma ci piace pensare che il suo sguardo sia uno sguardo di ammirazione e di rispetto per la ragazza, ci piace pensare che abbia finalmente abbandonato la sua corazza di oppressore e che abbia dunque compreso il valore della libertà, della libertà di Nisha, che in qualche modo è anche la sua libertà. Ci piace pensare che di questo dono inaspettato sia grato alla figlia, e che per l’avvenire farà di tutto per meritarlo ed esserne degno.
Questa di Nisha non è una storia vera. E’ la storia di un film, Cosa dirà la gente, di Iram Haq, una regista di origine pakistana che ha vissuto nella sua adolescenza vicende analoghe.
Questa di Nisha è dunque una storia vera.