Gen 2013
“Autocoscienza maschile finlandese nel vapore”
di Massimo Michele Greco
«Sono cinquant’anni che lavo questa schiena», dice l’anziano marito alla moglie massaggiandole il dorso e versandole addosso con cura e semplicità dell’acqua da un catino, al termine di una pacata seduta in una sauna che sembra domestica.
E’ l’unico corpo femminile che si vede nel documentario Miesten vuoro (I vapori della vita, 2010) di Joonas Berghäll e Mika Hotakainen, visto ieri a Roma alla Casa del Cinema, nell’ambito della Rassegna “Il mese del documentario” curata dall’Associazione Documentaristi Italiani.
E se non sbaglio, è l’unica interazione eterosessuata, anche se di donne gli uomini parleranno. Il resto mette in scena corpi di uomini finlandesi dalle proporzioni raramente canoniche ma del tutto quotidiane che fanno la sauna, con il contrappunto di scene naturali di terrificante ampiezza e bellezza. Questi corpi maschili si raccontano dentro saune vere e proprie, ma anche all’interno di roulotte, trattori, macchine arrangiate con il minimo per trasformarle in sauna: stufetta con pietre roventi, catino e bacinella d’acqua. Persino una cabina telefonica può diventare una sauna.
Affrontano l’emozione di uno svelamento coraggioso su temi come la paternità, la relazione con la donna, il coraggio e la debolezza, il dolore dell’assenza e della solitudine, la violenza, la caduta ed il riscatto, l’importanza di un’amicizia con un orso persino.
Corpi che stanno uno accanto all’altro, gomito a gomito e che a volte si prendono cura l’uno dell’altro, ma sicuramente sono colti nel momento della condivisione di storie di vita personale.
Immaginarmi parte ed attore di una tale pratica di confidenza corporea e autobiografica mi sembra un elemento di impagabile civiltà, che mi sembra manchi nella cultura italiana. Ho anche commentato con gli amici con cui sono andato a vedere il film, che mi sembrava un popolo molto avanzato questo finlandese, che era riuscito a fare un documentario con uomini che si lasciano riprendere nudi mentre fanno autocoscienza su temi di delicatissima vulnerabilità. Infine, ho ancora l’impressione di aver assistito a qualcosa che si articolava con un senso dell’umorismo completamente diverso dal mio, ma la cui presenza era ipotizzabile da alcuni accostamenti che non potevano che essere ironici.
In certi momenti ho pensato che disgusto, oppure giudizio, oppure desiderio, fosse solo negli occhi di chi guardava (me compreso) un tale spettacolo di intimità maschile. Gli uomini ritratti nel documentario sembravano mostrare solo presenza, ascolto, cura di sé e dell’altro.
STEAM OF LIFE di Joonas Berghall e Mika Hotakainen
(doc, Finlandia, 81′, 2010)
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