Dopo le polemiche estive legate al sessismo diffuso tra i media durante le Olimpiadi di Rio 2016, riceviamo e pubblichiamo volentieri un’interessante riflessione che affronta anche alcuni casi di sport misti di cui si è parlato di meno
di Erika Castro
Le Olimpiadi di Rio si sono terminate già da quasi un mese e adesso è tempo di fare bilanci, non solo per contare le medaglie che tutti gli atleti si sono guadagnati.
È stata una grande festa e la città ha dimostrato ancora una volta di saper ospitare grandi eventi come questi. Ma le polemiche non sono mancate: piscine verdi, piccoli furti ma soprattutto commenti fuori luogo, sessisti e discriminatori nei confronti delle donne.
Il primo di tutti è stato il famoso e triste titolo delle ”Cicciottelle azzurre” che è costato il licenziamento al direttore del quotidiano incriminato e che in Italia ha fatto molto scalpore. Ma ci sono stati anche altri commenti abbastanza discutibili quelli fatti dalla BBC in occasione delle finali di judo femminili definite “cat fight” e quelli su Katie Ledecky che pur avendo vinto e battuto il record negli 800 stile libero è stata più volte paragonata a Michael Phelps. Il commentatore della BBC ha infatti detto “Katie nuota come un uomo”, come se una donna non potesse avere la stessa o una maggiore potenza di un nuotatore. E non è finita qui, molti quotidiani nazionali hanno messo in secondo piano la vittoria della campionessa per dare più risalto a Phelps.
E che dire della partita simbolo di beach-volley tra la Germania e l’Egitto che è stato indicato come il match tra “bikini e burqa” sempre da parte della stessa emittente televisiva?
I giornalisti incriminati, come nel caso di quello italiano, sono stati tutti ammoniti ma quello che è successo lascia un po’ perplessi visto che in un evento come le Olimpiadi, che devono essere l’emblema dell’unione e dell’uguaglianza tra popoli, sesso e culture si assistito a commenti del genere. Secondo uno studio condotto dalla Cambridge University non si tratta della prima volta. I ricercatori hanno infatti analizzato quali parole vengono associate agli atleti di entrambi i sessi e sono emersi diversi risultati interessanti:
- Gli uomini sono citati tre volte più spesso delle donne nello sport.
- Le atlete vengono più comunemente associate a parole correlate a gravidanza, età, matrimonio. Contrariamente per gli atleti di sesso maschile si utilizzano parole per enfatizzare la prestazione fisica come velocità, resistenza e peso corporeo.
- Le donne sono indicate due volte più spesso come “ragazze” rispetto agli uomini
- L’aspetto, la privacy ed il modo di vestire mette spesso in secondo piano le prestazioni sportive delle donne
- Si tende ancora a differenziare tra sport maschile e femminile
“Quando smetteremo di parlare di sport femminile e inizieremo a riconoscere le donne al pari degli uomini anche nello sport, allora potremo cambiare il tono del dibattito”, ha detto Sam Smethers da The Fawcett Society – una delle più grandi organizzazioni del Regno Unito per i diritti delle donne. Uno dei più grandi ostacoli che non permette di cambiare le cose e’ proprio questa differenza.
Lo scenario non cambia nemmeno in sport dove uomini e donne competono alle stesse condizioni e senza distinzioni,. Per esempio, sempre più donne giocano a poker professionalmente, ma ancora molti uomini sostengono che le ragazze non possono essere delle brave avversarie. Questo deriva da una sbagliata convinzione, ancora radicata, che questa disciplina sia prettamente maschile perché attorno al tavolo si deve solo parlare di donne bevendo whiskey. Per questo motivo la campionessa Vanessa Selbst si e’ a lungo battuta sulla discriminazione perché lei stessa ha dovuto subire commenti e situazioni spiacevoli proprio in quanto donna.
Anche gli scacchi e il biliardo non sono da meno: gli uomini e le donne gareggiano separatamente pur avendo le stesse esatte condizioni. Sarebbe opportuno invece che proprio questi sport in cui non esistono regolamenti differenti possano essere un buon esempio d’integrazione di genere nello sport e possano essere utili a spianare la strada ad altre discipline.
Purtroppo non è così e la domanda posta nel titolo dell’articolo rimane ancora tristemente senza risposta. Ciò che conforta è che molti dei colpevoli sono stati ammoniti e soprattutto rimane la speranza che tutte queste polemiche sollevate durante Rio 2016 sono servite da lezione a coloro che non hanno esitato a ‘’prendere di mira’’ le donne e che lo faranno in futuro.