“La violenza nella coppia e nella famiglia.
Trattamento e prevenzione.
Percorsi possibili di azioni sul territorio”
Il report di Roberto Poggi, già pubblicato in uominincammino
Riflettere sul maschile non può prescindere da riflessioni approfondite sulla violenza. Perché la stragrande maggioranza dei maltrattanti sono uomini; perché la violenza ha origine in quel sistema pulsionale da cui ha origine la vita stessa; perché è lo strumento più importante al servizio della prevaricazione, che è quel sistema che usiamo spesso per dirimere i conflitti, che annulla l’altro togliendoci dall’impiccio di reggere confronti, differenze, opinioni contrastanti; perché a volte ci sembra di non poterne fare a meno, magari mistificandola per non doverne rispondere; perché fa parte di sistemi che la considerano imprescindibile, anche se “usata a fin di bene”; e per tanti altri motivi.
Inoltre volevamo avere più strumenti per accogliere nei nostri gruppi uomini che, se non sono violenti, hanno un forte potenziale di violenza che, prevenuta, può forse trasformarsi in energia vitale. Stiamo anche pensando a come poter portare la nostra esperienza di gruppi di condivisione in situazioni mirate alla prevenzione della violenza, collaborando magari con altre associazioni e istituzioni. I bolognesi hanno già un progetto da avviare ad Imola.(…)
In prima giornata abbiamo parlato a lungo del percorso che ha fatto Vires per costituirsi e delle leggi che ci sono in Svizzera. Vires oggi dipende dal Dipartimento di Giustizia e ha operato per diversi anni in condizione di quasi esclusivo volontariato. La violenza domestica è regolata da leggi che prevedono la denuncia d’ufficio. In Italia la denuncia deve essere fatta dalla vittima (non so l’attuale progetto di legge com’è strutturato). Quindi in Svizzera la legge di stato prevale sulla “legge famigliare”.
Ai condannati per violenza può essere prescritto un tot di anni di terapia che, se non vengono fatti, sono sostituiti da altre sanzioni penali.
Gli esperti di Vires ci hanno raccontato che, quando hanno iniziato, la legge in Svizzera era simile alla nostra attuale e, inoltre, hanno avuto parecchie difficoltà dovute alle resistenze anche di associazioni femministe, che temevano che dietro il fatto di trattare i maltrattanti vi potesse essere il pericolo di revanches maschiliste. Interessante è il fatto che si pensasse che raggiungendo una maggior parità la violenza dovesse diminuire, ma così non è stato. Probabilmente sono aumentati i conflitti e, di conseguenza, anche i tentativi di risolverli per la tradizionale via prevaricante.
Attualmente a Vires possono rivolgersi i maltrattanti direttamente o inviati da partners, da associazioni e istituzioni, o possono essere inviati dalle autorità giudiziarie con un complesso meccanismo di controllo che verifica la frequenza. Una volta contattati, i maltrattanti passano in genere alla terapia di gruppo o in certi casi alla terapia individuale.In seconda giornata siamo scesi nello specifico del tema violenza, abbiamo approfondito sull’autore, sull’attore e sulla vittima e sui complessi meccanismi che regolano i processi relazionali.
Abbiamo analizzato i vari tipi di violenza (fisica, psicologica, verbale, economica), con le implicazioni che la vittima subisce in seguito a fatti traumatici, che possono essere eclatanti oppure poco evidenti, ma ripetuti in maniera ossessiva.In molti ci siamo chiesti se la violenza è uno specifico del maschile. Conosciamo le statistiche e sul loro significato continuiamo a riflettere nei nostri gruppi.
Quando si passa dai massimi sistemi alle persone, le leggi, le regole, le linee generali si devono confrontare con le specifiche situazioni, dove non si può prescindere dall’esaminare le persone che sono parte dell’insieme, ma che vivono un loro personale che è anche politico: di qui la necessità di un lavoro di confronto in cui lasciare spazio di parola a chi opera direttamente su vittime ed aggressori, per lasciare da parte ogni tipo di stereotipo e poter arrivare a conclusioni che non eludano percorsi analitici, che sono spesso scomodi da gestire, ma che non lasciano spazio a conclusioni generiche, bensì mettono le basi per cambiamenti reali e non di facciata.
La cultura e la civiltà finora espresse hanno connotazioni prevalentemente maschili, tanto per gli uomini che per le donne. Le potenzialità femminili delle donne, ma anche degli uomini, sono ancora tutte da esplorare e lavorando sul personale, nei gruppi di uomini, risulta sempre più evidente l’ importanza di confrontarci e riflettere, contemporaneamente, con le donne su tutte le tematiche di genere, a partire da violenza e prevaricazione.
Non pensiamo tanto all’acquisizione di certezze o a conclusioni univoche. Piuttosto pensiamo ad un lavoro che dia senso al confronto delle differenze anche nell’ambito dello stesso genere e dia declinazioni possibili e dignità di esistenza a quanto oggi probabilmente è rimosso con il beneplacito di donne e di uomini.
Quindi, come suggeritoci dai conduttori del corso, è necessario approfondire i meccanismi relazionali che portano alla violenza; conoscere bene cosa succede alla vittima dopo aver subito uno o più traumi consecutivi; i tipi di violenza, come si intrecciano e si sviluppano e quali sono i percorsi che attraversano la dipendenza, sfociando in atti prevaricatori. La relazione comporta rinuncia: qual è il punto dove l’angoscia di perdere qualcosa di irrinunciabile o il senso di colpa comportano il corto circuito che porta all’atto violento?
Va da sé che il maschilismo e il patriarcato ci hanno portato all’affermazione di valori troppo spesso fasulli, ma funzionali alla conservazione di forme di potere verticale che, per sua natura, ha come principale strumento di affermazione l’annullamento dell’altro, rinunciando all’arricchimento portato dal riconoscimento della differenza, o ha conservato come differenze riconosciute solo quelle funzionali alla gerarchizzazione violenta delle relazioni.Un punto che è rimasto in sospeso e che è stato rimandato ad eventuali successivi incontri riguarda la funzione paterna: qual è il ruolo sano che potrebbe giocare nella formazione di animi pacifici?
A questo riguardo possiamo constatare che la paternità, per molti uomini, è il baluardo su cui portare avanti tutto il discorso di genere. Per altri si è instaurato un silenzio che potrebbe significare un rimosso, a causa di rischi restauratori di patriarcato. Forse è il caso di rifletterci un po’meglio, andare a vedere la polvere sotto il tappeto e collegare le tematiche della funzione paterna alla cultura della prevaricazione, alla dipendenza affettiva, alla paura della solitudine, alla ricerca di sicurezza, al legame con la madre, alla libertà sessuale, eccetera…
Abbiamo toccato un punto importante: quello che riguarda la differenza tra il lavoro che Vires fa a Ginevra, che è prevalentemente terapeutico, e quello che facciamo a Torino e a Bologna nei nostri gruppi maschili o misti. Ne è emerso che è estremamente importante sviluppare la sensibilità utile a formare gruppi del tipo “auto mutuo aiuto” e poter collaborare con psicoterapeuti che si impegnino nel trattamento della violenza domestica.
I conduttori hanno sottolineato l’importanza di approfondire i vissuti delle vittime per poter fare un buon lavoro sui maltrattanti, magari collegandoci ad associazioni che si occupano di questo, per fare una sorta di tirocinio.
E’ stata sconsigliata, almeno nella fase iniziale, la terapia di coppia, in quanto i meccanismi di “presa” psicologica sulla vittima continuerebbero ad agire in maniera più o meno conscia, inficiando la terapia. (…) Quando un paziente entra in terapia presso il centro Vires, i terapeuti dichiarano che non diventerà un’altra persona, cioè non violenta, ma che imparerà a gestire la propria violenza trasformandola in azioni positive e costruttive per sé e gli altri. (…)
Questo resoconto è tratto da Uominincammino Un periodico prodotto dal gruppo uomini di Pinerolo. Chi voglia riceverlo trova di seguito i riferimenti
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