#Quellavoltache
di Adil Mauro
#Quellavoltache è un hashtag molto utilizzato in questi giorni su Twitter. Un lunghissimo elenco delle quotidiane violenze e molestie subite dalle donne. Un modo per ampliare la luce dei riflettori su una questione gravissima che non riguarda solo le attrici (tra loro anche l’italiana Asia Argento) prese di mira dal predatore sessuale Harvey Weinstein, potentissimo produttore di Hollywood.
Accantonando l’odioso quanto scontato (nella nostra società maschilista) processo alle vittime, vale la pena di interrogarsi sul vero “elefante nella stanza” dell’ennesima storia di violenze contro le donne: noi uomini.
Tutti, nessuno escluso, avremmo potuto contribuire all’hashtag, anche solo raccontando #quellavoltache non abbiamo risposto per le rime al nostro amico/collega che dava della “facile” alla donna con la quale era uscito la sera prima.
Ogni giorno a scuola o sul posto di lavoro ci capita di sentire epiteti offensivi (“troia”, “puttana”…) e spesso non diciamo una parola, accettando quel tipo di linguaggio. Detto ciò, le reazioni anche al più blando invito a fare autocritica sono quasi sempre violente: “Come ti permetti! Io non sono un maniaco/porco/violento… Parla per te!”. La verità è che non bisogna essere un “maniaco” (parola rassicurante, come se la violenza fosse appannaggio dei folli…) o puntare un coltello alla gola di una donna per essere violento. A volte può bastare un plumcake; nel corso di una lite con una mia partner ne scagliai uno contro la parete. Quel gesto contribuì alla fine del rapporto e per molto tempo ritenni la sua reazione eccessiva…
Ho compreso in seguito una verità evidente per molte donne ma difficile da cogliere per tanti uomini: c’è violenza anche nel più “innocuo” gesto di stizza. Basta insultare (anche con toni solo apparentemente pacati), alzare la voce o avvicinarsi troppo durante una discussione per intimidire l’altra persona.
Scagliare oggetti, perfino un soffice plumcake, non è accettabile. Non lo è per me oggi, ma pochi anni fa mi sarei trincerato dietro qualche “è vero, non si lanciano oggetti ma…”. No, non c’è “ma” che tenga. Per arrivare a queste piccole consapevolezze sul proprio comportamento e su come funzionano i rapporti con l’altro sesso non è richiesta un’illuminazione divina. Serve la volontà di confrontarsi, ascoltare e nei casi più gravi chiedere aiuto.
Vi seguo da un po’ e trovo sempre interessanti i vostri spunti. La violrnza di cui parli è anche in molte donne, io stessa devo farci i conti. grazie mille per questa riflessio che ho potuto fare. Jlenia