Smettiamola di avere paura!
di Simonetta Bellotti
Una lettura del libro di J.Bourke
Stupro. Storia della violenza sessuale, Einaudi 2009
25 novembre 2010
Johanna Bourke in un libro intitolato Stupro. Storia della violenza sessuale, riporta un’analisi che mi ha fatto riflettere:
“La scoperta dell’uomo che i suoi genitali potevano servire come arma per generare paura deve essere annoverata fra le più importanti scoperte dei tempi preistorici, insieme all’uso del fuoco e le prime rozze asce di pietra.”
La virilità maschile come strumento di una guerra psicologica, prima ancora che fisica. Siamo abituate a credere che le vittime siano le donne che hanno subito uno stupro, o un’aggressione fisica, e ci dimentichiamo che tutte le donne sono vittime, tutti i giorni, in ogni luogo del mondo, della paura di subire la stessa sorte. La paura è una condizione che ha favorito nei secoli lo stato permanente della sottomissione femminile, perché la paura ti spinge a farti piccola, obbediente, non disturbante. A restringerti nel tuo spazio angusto, privo di libertà; la paura ti consiglia di non guardare il nemico negli occhi, ti consiglia di non ribellarti.
Come la guerra, anche lo stupro è storia antica, mai finita.
La Bourke nel suo libro dimostra che la violenza sessuale non è un virus sociale, di cui tutti gli uomini sono potenzialmente infetti, né l’espressione di una aggressività genetica che l’uomo si porta dietro dai tempi antichi. Anzi sostiene che “stupro e violenza sessuale sono profondamente radicati in specifici ambienti politici, economici, culturali”. Se la pulsione alla violenza fosse un dato connaturato nella biologia maschile, questa sarebbe diffusa ovunque uniformemente. E invece non è così: il flusso temporale e la diffusione geografica di questo femminicidio variano nei secoli.
In ogni luogo e tempo, l’aumento della violenza contro le donne è il contraltare alla diminuita potenza degli uomini.
Il Novecento ha scosso certezze marmoree nella psiche maschile, e molte sono le rivoluzioni che hanno cominciato a sgretolare le fondamenta del sistema patriarcale.
La rivoluzione sessuale, che ha spazzato via in un sol colpo alcuni fondamentali privilegi maschili. L’arrivo della pillola anticoncezionale e la legge 194 hanno liberato le donne dall’incubo delle gravidanze indesiderate, togliendo all’uomo uno strumento di controllo sociale del corpo femminile, e accelerando nelle donne l’affermarsi di comportamenti sessuali più liberi e consapevoli. Insomma, le donne adesso scelgono, e giudicano. Quando mai era successo?
E poi, la rivoluzione sociale ed economica. Sempre più donne hanno avuto accesso all’istruzione e alla cultura, conquistando consapevolezza del proprio valore e dei propri diritti. L’ingresso massiccio delle donne nel mercato del lavoro ha provocato un altro fenomeno che ha destabilizzato i rapporti sociali e familiari; la donna è diventata economicamente indipendente dalla famiglia e dal marito: può decidere del proprio futuro, emanciparsi socialmente, pretendere parità in un rapporto, quello matrimoniale, impostato unilateralmente dall’inizio dei secoli.
La lotta delle donne ci ha regalato la legge sul divorzio, la riforma del diritto di famiglia, l’abolizione del delitto d’onore e del matrimonio riparatore, la legge sulla violenza sessuale.
Ma c’è una terza rivoluzione, meno marcatamente visibile: quella tecnologica. Il concetto stesso di forza maschile viene messo in crisi, perché il soggetto della supremazia muscolare viene sostituito dalle macchine. A cosa può servire la forza di un uomo, in un’epoca in cui la potenza fisica non è più necessaria? Lasciamo stare poi la questione della riproduzione della specie, che sarebbe come sparare sulla Croce Rossa. Tra fecondazione artificiale, crollo verticale della produzione degli spermatozoi causa inquinamento e stress, per non parlare, si sussurra in giro, di sempre più frequenti defaillance di prestazione, una domanda maliziosa viene spontanea: l’ansia di onnipotenza ha reso il maschio impotente?
Capirete che per un uomo ce n’è da averne abbastanza! E perché il suo atteggiamento verso le donne sia così poco amichevole, oggi. Come diceva Charles de Montesquieu, “Un impero fondato sulla guerra deve conservare sé stesso con la guerra”.
La violenza sessuale e l’omicidio delle donne, delitti che, per inciso, avvengono in gran parte in famiglia, hanno ormai tassi di frequenza quasi quotidiana. Le donne disturbano quegli uomini che temono il confronto, che vogliono mantenere il potere e il privilegio della proprietà, quelli che usano la forza e la violenza per ribadire una superiorità che temono costantemente di perdere, o di aver già perso. Per mantenere sempre viva nelle donne quella paura di cui dicevo all’inizio.
Ma la politica della paura passa più facilmente se trova un terreno fertile, seminato di rassegnazione, accettazione, silenzio. Il silenzio delle donne diventa complice della violenza, ma una voce che parla può diventare eco di molte voci. E quando molte voci si faranno sentire, tutte noi avremo meno paura.
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