(articolo ripreso da http://www.pressenza.com/it/2015/10/la-fine-del-patriarcato-i-nuovi-uomini/)
Quest’articolo è disponibile anche in: Spagnolo, Francese, Greco
Il 21 ottobre gli uomini manifestano contro la violenza machista.
Intervista a Juanjo Compairé.
Juanjo Compairé (Huesca, 1948), membro dell’Asociación Hombres Igualitarios e di AHIGE, è stato professore di Scienze Sociali in diversi istituti di Barcellona. Autore de “Chicos y Chicas en relación” (Ed. Icaria) e collaboratore di vari libri sull’uguaglianza di genere, attualmente coordina la rivista digitale “Hombres igualitarios.”
Da tempo immemorabile gli uomini esercitano il potere sulle donne.
Il patriarcato esercita il suo potere da molte migliaia di anni e ogni volta di più è necessario smantellarlo, perché produce molti danni non solo all’umanità, ma anche alla natura – vediamo un legame tra il problema ecologico e quello del dominio maschile- e perfino agli uomini stessi. Data la quantità di sofferenza, violenza e distruzione che sta creando, è importante smantellarlo. Noi uomini siamo i protagonisti del problema, dunque facciamo anche parte della soluzione.
Un miliardo e 200 milioni di donne nel mondo sono state aggredite dalla loro coppia attuale o passata.
Si parla molto di denunce false, ma in realtà è vero il contrario, ossia la mancanza di denunce. Donne che vengono aggredite, ma non osano o non vogliono sporgere denuncia. In Spagna stiamo parlando di due milioni di donne, secondo le statistiche dello stesso Ministero degli Interni, che hanno denunciato violenze fisiche, psicologiche o sessuali da parte della loro coppia attuale o passata. Non stiamo parlando di gente marginale, no, stiamo parlando di noi, di uomini e donne di qui. E’ un problema trasversale legato al concetto di virilità.
Siete coinvolti nella lotta contro i maltrattamenti?
Sì. Come attività sociale, di denuncia, il 21 ottobre noi uomini scendiamo in strada per manifestare contro le violenze machiste. Formiamo un cerchio, ci diamo la mano e ricordiamo le donne vittime di violenza. Poi c’è un lavoro di ricerca; si tratta di un tema da studiare anche dal punto di vista della sociologia, della psicologia, della storia, dell’antropologia…
Fate lavoro personale?
Sì, è fondamentale. Questa non è una rivoluzione esterna, ma parte da dentro. Noi uomini riflettiamo su come ci sentiamo, sul perché tante volte associamo la virilità alla violenza. Come ci costituiamo in quanto uomini? Cosa dicono i nostri genitori, i nostri coetanei? Cos’è questa storia dell’”uomo vero”? Come possiamo cambiarlo? Tutto questo lo facciamo in gruppi di riflessione personale. Non c’è cambiamento sociale senza cambiamento personale. Se vogliamo smantellare le violenze di genere, dobbiamo cominciare con il cambiamento personale.
Come definiresti la vecchia virilità, quella da superare?
E’ una virilità molto rigida, con alcune regole molto severe, un controllo del corpo molto rigoroso, su come dobbiamo muoverci e come dobbiamo sentirci. Perché la gioia per una vittoria del Barça deve tradursi nei cassonetti bruciati? Cosa c’entra l’allegria con la violenza? Questo vecchio concetto di virilità provoca sofferenza non solo nel mondo, nelle donne e nei figli, ma anche in noi stessi.
Ci sono anche donne macho.
La parola femminismo ha perso valore e a volte viene disprezzata perfino da alcune donne. Questa è una conseguenza delle campagne neo-machiste, secondo cui le femministe sono mangiauomini, sono contro di loro. Noi di proclamiamo uomini femministi. Consideriamo il femminismo un umanesimo, un’opportunità che uomini e donne si “ripensino”. Chiaro, questo suscita resistenze in alcune donne, perché è sempre più complicato essere donne indipendenti. La donna ha fatto passi da gigante. Anche se la maggioranza non si definisce femminista, in pratica lo è.
Tu sei membro dell’Asociación Hombres Igualitarios.
Facciamo parte di un’associazione a livello statale, l’AHIGE, fondata a Malaga nel 2001, ma alcuni di noi sono attivi fin dagli anni Settanta. Facciamo anche parte di una rete mondiale di cittadini per l’eguaglianza. L’anno scorso ci siamo riuniti a Nuova Delhi; eravamo circa 1.500 rappresentanti di associazioni di uomini egualitari di tutto il mondo. In Spagna il gruppo più numeroso sta nei Paesi Baschi, perché là è stato il governo stesso a promuoverlo.
Su cosa vi appoggiate per costruire questa nuova politica egualitaria?
Smantelliamo quello che abbiamo imparato e poi scopriamo i nostri autentici desideri e necessità. Siamo uomini molto diversi e rifuggiamo dall’uniformità. L’esercito, ossia la quintessenza del patriarcato, è basato sulle uniformi e i potenti partecipano alle riunioni dell’Unione Europea vestiti tutti uguali. Noi vogliamo eliminare le uniformi per far emergere la diversità maschile. Che ogni uomo scopra cosa vuole essere nella vita, recuperando la parte umana che abbiamo.
Qual è l’immagine dell’uomo nuovo a cui aspirare?
Un’immagine diversificata, che rifugge dall’uniformità, da questo corsetto limitante e riformula i privilegi e il potere, spesso sottile, che esercitiamo. In fondo ha a che vedere con una grande insicurezza. Esiste un modello di supereroe irraggiungibile che ci provoca una grande insicurezza. Possiamo essere forti, ma non dobbiamo essere per forza uomini senza paura.
Uomini forti e sessualmente potenti…
C’è una vera epidemia di impotenza sessuale: gli uomini somatizzano nel corpo lo sconcerto e l’incertezza di questo momento di cambiamento sociale, si sentono minacciati dalla libertà femminile in aumento e questo si somatizza in problemi di impotenza, di erezione, ecc. Negli uomini molti sentimenti puntano là, al “membro virile” che è il nostro “cervellino”.
L’uomo conquistatore?
Sì, è il mito del Don Giovanni. Nell’opera dice: “Ho lasciato dappertutto ricordi amari di me”. Bel modello, eh? Sì, questo è il modello che abbiamo avuto, un Don Giovanni conquistatore, che poi abbandona le donne a se stesse.
La promiscuità maschile è una questione genetica?
Questa storia che spargere il seme è una questione genetica mi sembra una chiarissima costruzione sociale. In natura si trovano esempi di maschi monogami. Gli uomini sono stati spesso promiscui, non per una questione naturale, ma perché credono che mostrandosi così, davanti alla loro insicurezza e davanti agli altri, potranno essere un maschio Alfa. Ma in definitiva che esperienze umane reali ha Don Giovanni? Alcune esperienze gratificanti, ma in quanto a relazioni, “ricordi amari di sé”.
E’ possibile trasformare il machismo in rispetto e uguaglianza?
Crediamo che sia possibile e necessario perché va a beneficio del mondo, dei figli, della nostra paternità, delle nostre compagne, ma anche di noi stessi. Se riusciamo a smantellare tutto questo imbroglio ci guadagneremo tutti. Contrariamente a quello che si pensa, nel corso della storia ci sono stati uomini ai margini del patriarcato, uomini femministi, da Condorcet, passando per padre Feijoo, fino a intellettuali come Adolfo González Posada e Miguel Romera-Navarro. Tutti esempi rappresentativi di uomini che hanno lottato per l’uguaglianza tra i sessi o l’hanno teorizzata.
Come conciliare il lavoro e la famiglia?
Direi che è una questione di umanità. Siamo umani, soprattutto nelle nostre relazioni emotive. Questo dovrebbe essere il centro della nostra vita. Si dedica troppo tempo al lavoro produttivo e troppo poco alle relazioni. Bisogna trovare un equilibrio, soprattutto per una ragione di giustizia. In Spagna una donna ha in media due ore di tempo libero in meno di un uomo. E’ un’opportunità di diventare più umani.
Gli uomini egualitari apprezzano le nuove forme di politica assembleare?
Sì. Mettere il personale, la vita delle persone al centro della politica ha a che vedere con l’eredità del femminismo. Lo ha detto il nostro sindaco, Ada Colau, assumendo la carica. Con il femminismo abbiamo imparato a mettere al centro le persone. Sono forme nuove, orizzontali, non gerarchiche.
Una nuova virilità implicherebbe un nuovo ordine sociale?
Credo di sì. Questo sistema economico capitalista basato sul patriarcato non funziona. Andiamo verso posizioni di democrazia sociale e comunitarismo, una maniera nuova di concepire l’economia, l’ecofemminismo, recuperando il valore esperienziale delle cose, non il valore d’uso. La maggior parte delle cose che hanno realmente valore sono senza prezzo. Questa è la contraddizione del capitalismo: attribuire un valore e un prezzo a cose secondarie.
Progetto “Xarxa Xaji”. Rete di giovani che formano altri giovani all’uguaglianza di genere.
Lavorate con i giovani?
Sì, formiamo reti di giovani; trattano questi temi in modo leggero, scherzoso, con amici e compagni di studi. L’anno scorso abbiamo tenuto una settantina di laboratori in vari istituti della Catalogna. Abbiamo pubblicato un libro con proposte per i professori per il periodo dell’adolescenza “Chicos y Chicas en relación” Edicioni Icaria. Stiamo anche elaborando un piano di formazione chiamato “Xarxa Xaji”, per giovani che formano altri giovani. Gli diamo molta importanza, perché i giovani sono il futuro.
Che cos’è per te il femminile?
Il grande mistero. Un mistero che mi appassiona, mi attrae moltissimo, mi emoziona, mi destabilizza, mi sfida, mi fa innamorare e mi allontana da me stesso. Non sarei quello che sono senza le donne che mi hanno accompagnato nel corso della mia vita, da mia madre alle mie compagne, in maggioranza femministe. Devo molto anche a mio padre, un uomo affettuoso, vicino, molto diverso dal modello che prevaleva a quei tempi.
Traduzione dallo spagnolo di Anna Polo