Uomini nel tempo
Andrea Bagni, su Facebook 12 .02.2011
Chi si ricorda di Francesco Petrarca?
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
che ‘n mille dolci nodi gli avvolgea
e ‘l vago lume oltre misura ardea
di quei begli occhi, ch’or ne sono sì scarsi
Ora il tempo è passato, la luce degli occhi si è un po’ affievolita. La donna porta i segni dell’età.
E l’uomo? Il prodotto non è più in garanzia ma oggi il consumatore finale può ricorrere alla rottamazione. Il vecchio Francesco no.
Uno spirto celeste, un vivo sole
fu quel ch’io vidi: e se non fosse or tale,
piaga per allentar d’arco non sana.
La ferita dell’amore mica si chiude se colei che l’ha accesa non è esattamente più la stessa: l’arco si è allentato ma perché fa parte della vita, è la vita. L’alternativa sono i volti plastificati della carta patinata o della tivù. Quelli non invecchiano. Fatima Mernissi ha scritto che alle donne islamiche è negato lo spazio, a quelle occidentali il tempo. Proibito invecchiare.
Bisognerebbe fare un corso politico di letteratura d’amore. Ci libererebbe da molte miserie.
Perché qui sul pianeta terra, l’Italia è un casino.
Da una parte il potere allo stato nudo di chi pensa di poter tutto comprare, avvocati e deputati come corpi giovani di donne. Pagando con bonifici, ruoli in televisione o posti in parlamento. Non c’è differenza, tutto è merce. Dall’altro la denuncia scandalizzata delle orge, il sesso come peccato, l’invito ad andare a letto presto, il catalogo delle professioni nobili accanto a quelle maledette. Come il sesso fosse sempre cosa scandalosa e sporca, e le donne sempre sante o puttane.
Al centro (ma decentrato dallo scandalo) il tradizionale immaginario maschile che si compiace del suo dominio, fa l’amore con quello, celebra il suo potere d’acquisto, giovani fanciulle da tenere sulle ginocchia – come nelle barzellette dell’italietta anni cinquanta o dell’Italia uno anni ottanta.
Il sesso è potere. Ciò con cui si paga e per cui si offre. L’oggetto oscuro del desiderio, l’equivalente universale. Non è questione solo di denaro: è in gioco il possedere e l’apparire, far parte della corte – cioè l’esistere. E la politica si fa corpo, incarnazione, lifting, amore delle masse.
Gli uomini stanno a guardare lo spettacolo del re nudo, un po’ invidiosi del potere che vince l’impotenza, riconoscendo nel consumatore finale un’immagine del proprio album di famiglia. Forse anche spaventati dalla capacità di marketing di queste spavalde imprenditrici di se stesse: ragazze-immagine, escort raffinate che sanno quello che vogliono e non regalano nulla al “vecchio culo flaccido”. Mica le puttane di una volta.
Però noi uomini – non solo maschi – ci stiamo malissimo in questa rappresentazione.
Amiamo la libertà, non il potere. Almeno ci proviamo. La libertà nostra e delle donne. Senza altre e altri non si è liberi, si è soli. Il sesso, l’amore, sono incontro e creatività, invenzione infinita, immaginazione al potere – oppure lo squallore miserabile di chi riduce tutto a merce. Ad Arcore come a Mirafiori. E sogna di poter ordinare carezze come terapia contro la solitudine. Di poter acquistare senso per la propria vita come su uno scaffale di ipermercato. Di poter vincere la propria finitezza, i propri limiti, come se si potesse accedere all’immortalità attraverso il consumo dei corpi giovanili.
Non funziona così. Non si può vivere così la vita. Così si uccide, prima dentro di sé poi negli altri. Nelle altre.
Dentro una miserabile compra-vendita di prestazioni sessuali o professionali maschili o femminili, da igieniste dentali, avvocati servi e giornalisti pure, in quello scambio la vita è azzerata, ridotta a televendita. La dignità non è una questione di decoro ma di libertà e autenticità: del coraggio di esistere in proprio, dell’onestà intellettuale, della libera invenzione di sé. Per le donne e per gli uomini.
Berlusconi offende anche noi. Anzi noi soprattutto.
Riduce l’immaginario maschile a un gioco fondato sull’umiliazione dell’altra. Sull’affermazione di sé. È amore solo per se stessi. È paura. Incapacità di affrontare la libertà delle donne e la nostra: la nostra parzialità di uomini. Paura dei sentimenti. Della esposizione alla sofferenza. E invece in quello sporgersi fuori di noi, fuori del potere, sta la nostra libertà: la possibilità di un incontro vero, alla pari, fra diversi. La creatività possibile delle scoperte e dei giochi. L’invenzione di un rapporto aperto dove si può essere veramente se stessi.
Non si è liberi come uomini senza la libertà delle donne. Si rimane inchiodati a un ruolo, tristi e depressi anche se è un ruolo di potere. Proprio perché è un ruolo di potere.
Se Berlusconi è per certi versi il nostro specchio, è uno specchio deformante, l’immagine della nostra (sotto) cultura. Noi quello specchio lo dobbiamo rompere. Forse ci aiuterà a liberarci non solo da Berlusconi ma anche dal berlusconismo. Che è un nemico più insidioso. Interno.
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