Nov 2007 “Uomini parlate! Ma senza sovrapporvi”
di Carla Cotti pubblicato su Liberazione il 22/11/2007
Riflessione di una femminista che crede che sabato lo spazio debba essere tutto delle donne.
E sogna un passo avanti dei compagni
Uomini sì, uomini no. La discussione della vigilia è accalorata, in primo luogo tra femministe. Quello che è in questione è non solo e non tanto il carattere della manifestazione di sabato (che l’assemblea nazionale di Roma ha indetto come un corteo di donne per le donne, chiedendo alle varie realtà, che avevano una posizione diversa, Milano in testa, di accogliere la decisione, da qui lo scontento e le polemiche) quanto, credo, il posto degli uomini rispetto all’insieme della battaglia contro la violenza sessista e la consistenza politica del nostro “sommovimento”.
Apprezzo molto il contributo personale di Stefano Ciccone pubblicato qui accanto – come l’appello collettivo per un impegno di uomini rispetto al 25 novembre recentemente reso pubblico (www.maschileplurale.it) – per la profondità e la ricchezza del percorso che testimonia. Convinta come sono che questa manifestazione debba essere rigorosamente di donne, ci ritrovo tutte le mie preoccupazioni: il rischio di ritualità e ambiguità delle facili condanne della violenza, il rifiuto delle strumentalizzazioni razziste e securitarie, la necessità del conflitto: con un’intera cultura, tra donne e uomini, tra uomini.
La manifestazione di sabato si presenta come un fatto senza precedenti. Nel 1977 Riprendiamoci la notte ci servì a reclamare l’agibilità delle città neutralizzando con la nostra forza quella che avevamo da poco individuato come “l’arma dello stupro”. Sabato per la prima volta le donne scenderanno in piazza per dire che hanno capito che lo stupratore-killer ha le chiavi di casa ma sono determinate a strappargliele di mano. E a rovesciare il sistema millenario che lo arma. Un momento eccezionale, anche se radicato in una lunga storia.
Ecco, ho l’impressione che il nocciolo sia qui: l’unicità e l’intensità politica del momento. Aver visto le assemblee affollarsi di donne (biograficamente insospettabili, tra l’altro, di nostalgie veterofemministe) e trasformare immediatamente indignazione e rabbia in lucidità e progetto ha radicato in molte di noi il desiderio di lasciar risuonare questo urlo collettivo per voce femminile in tutta la sua potenza e tutto il suo particolare colore. Canta Callas, non aggiungerei il mormorio di un coro maschile a bocca chiusa. Diverso è il caso del tenore coprotagonista, determinato a dare il massimo nei duetti. Ma a lui non dovrebbe venir naturale lasciare che lei intoni la sua aria?
Fuor di metafora: mi sforzo di rispettare le scelte di altre. Non so però cosa ce ne facciamo di uomini gratificati – è sacrosanto l'”autosospetto” di Ciccone – dal manifestare (o dal pronunciarsi) contro la violenza di altri uomini, ma in realtà profondamente silenti: su di sé e sulla ruolizzazione che li imprigiona. Il 24 come tutti i giorni dell’anno. Ma il 24 è uno snodo, per questo conta. A ogni singolo uomo che con le migliori intenzioni desidera accompagnarci (!), prenderci a braccetto, sfilare al nostro fianco (e illuminarsi di luce riflessa della nostra elaborazione), chiedo almeno di omaggiarci con un regalo: un cartello rigorosamente autografo con su un proprio pensiero. O meglio una propria esperienza. Vale anche per sindaci e vigili urbani che, apprendo, porteranno i gagliardetti di alcuni comuni.
A proposito delle buone intenzioni che, come diceva mia nonna, lastricano la via dell’Inferno, che dire dei volenterosi manifesti (“Gli uomini picchiano le donne”) con cui Rifondazione comunista-Sinistra europea dà appuntamento in piazza il 24 come se il corteo fosse suo? Mi limito a esplicitare che noi, che siamo tra quelle che questo corteo lo organizzano, trasecoliamo. Per strada ieri ho avuto un miraggio: quello stesso manifesto con una scritta semplice semplice: “Le donne sabato manifestano. Noi uomini di Rifondazione comunista ci stiamo riflettendo su”. Poi però sono tornata alla realtà (e al mio confliggere quotidiano nei luoghi misti dove mi trovo).
A Stefano Ciccone, a Daniele Licheri e Luca Stanzione (vedi l’articolo in alto) e ai loro compagni (e alle donne che giustamente sottolineano l’importanza della relazione tra soggetti diversi proprio di fronte all’iceberg svelato dai rapporti violenti), vorrei dire invece che è proprio il riconoscimento pieno e partecipe del percorso e della miriade di iniziative cui stanno dando vita a farmi sognare – un sogno non è, spero, una mancanza di rispetto dell’autonomia e della ricerca altrui – una risposta da parte loro all’iniziativa delle donne del 24, altrettanto autonoma e visibile. Non un passo indietro, un passo avanti. Proprio perché un’interlocuzione politica non improvvisata e molto preziosa tra loro e noi femministe c’è ed è in progress, credo semplicemente che sul nodo cruciale della violenza assassina dei maschi e in occasione di un appuntamento significativo come quello del 24 le loro e le nostre voci sarebbe bello che si rispondessero senza sovrapporsi. Per rifulgere entrambe, limpide, forti e chiare. La loro con la missione aggiuntiva di scompaginare il mondo maschile dall’interno.
Dopodiché, quello che conta è che siamo una marea e sommergiamo Roma. Ragazze, avete prenotato il pullman?
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