di Gianluca Trezzi (Casa dei diritti di Milano)
Di fronte allo sconcerto della violenza sulle donne un numero crescente di uomini sceglie di non autoassolversi o girarsi dall’altra parte, ma di mettersi in discussione e impegnarsi per decostruire schemi errati e stimolare il cambiamento. Maschile Plurale, una delle realtà più strutturate, ora lancia un nuovo appello e una giornata di mobilitazione.
Ribaltare il punto di vista, concentrarsi sulle responsabilità maschili, andare a fondo delle dinamiche nascoste che portano alla violenza sulle donne fino a qualche anno fa erano quasi un tabù, un discorso di nicchia, da avanguardie intellettuali o politicizzate. Da qualche tempo invece cresce da parte degli uomini anche in Italia la necessità di non fermarsi all’indignazione iniziale, rispetto a nuovi fatti di cronaca nera a danno delle donne, ma di farsi carico del problema e affrontarlo come corpo sociale maschile.
«Non ha più senso continuare con questa guerra dei sessi dichiarata da tanti uomini, con numeri complessivi, tra femminicidi, abusi e violenze psicologiche, davvero spaventosi, da bollettino di guerra – dichiara con forza Alessio Miceli, da molti anni attivo in Maschile Plurale – sono gli uomini, siamo noi uomini a doverne uscire».
L’associazione ha raccolto le esperienze di piccoli gruppi di parola costituiti negli anni Novanta, dove confrontarsi sul proprio modo di vivere la maschilità e le relazioni con le donne, la sessualità, il corpo, il rapporto padri-figli, ma anche le gerarchie e i ruoli nel mondo del lavoro e pubblico, per promuovere un cambiamento. Il punto di partenza, infatti, era una critica molto forte alla violenza e allerelazioni di dominio e prevaricazione patriarcali, in dialogo aperto e continuo con i gruppi femminili e femministi, impegnati sullo stesso fronte.
Poi, dopo il grande lavoro soprattutto dei Centri Antiviolenza che però faticava a imporsi nel discorso pubblico, nel 2007 il rapporto ISTAT sulla violenza e i maltrattamenti contro le donne nelle famiglie italiane ha fatto da spartiacque. «Prima si faticava a parlarne pubblicamente, se non in ambiti specialistici – fa notare Miceli -, poi l’indagine dell’ISTAT ha scoperto una realtà che ha portato a prendere posizione. Il colpevole della violenza non è come si tenta di far credere sempre qualcun altro – il pazzo, lo straniero, il raptus di follia – ma sta nelle nostre case, radicato nella cultura maschile di dominio che ancora resiste in modo strisciante, o perfino aperto, nel nostro Paese». E così si è costituita l’associazione, con una struttura flessibile, poco gerarchica, evitando di ripetere al suo interno relazioni di potere.
Presenti in varie città d’Italia i gruppi di Maschile Plurale promuovono incontri pubblici di sensibilizzazione sul territorio, collaborano con le iniziative di prevenzione dei Centri Antiviolenza e con i centri di trattamento degli uomini violenti, tengono laboratori nelle scuole e università.
«Una convinzione profonda che ci accomuna – spiega Miceli – è che il necessario cambiamento deve partire da un cambiamento personale. Solo se si parte da se stessi e si portano testimonianze, esperienze o riflessioni sviluppate su di sé allora il discorso può andare lontano, altrimenti resta una bella teoria astratta, di cui nessuno può negare il valore, ma incapace di cambiare la realtà».
E nonostante l’alto livello di rimozione della violenza sessista che c’è ancora nella società maschile, gli uomini sanno dimostrare disponibilità e mettersi in discussione personalmente. «Molto più di quanto si pensa – aggiunge Miceli -. Gli incontri più fruttuosi nella nostra esperienza sono stati quelli dove si è riusciti a grattare sotto la superficie, andare oltre i discorsi rituali, e sondare nella vita quotidiana per capire cosa si nasconde dietro l’apparente normalità. Parlando delle proprie relazioni, nel concreto, di come si vivono la sessualità o le gerarchie di lavoro, degli schemi culturali e personali che possono portare alla violenza, si sono aperti dibattiti lunghi oltre quattro ore».
Non è facile, certo, la vera sfida è far sì che diventi un discorso di dominio pubblico, che interessi la società maschile più vasta e non piccoli gruppi di persone già sensibili.
Per questa ragione uno degli impegni di punta del gruppo di Milano è nelle scuole, dove per esempio l’anno scorso sono stati incontrati oltre 500 ragazzi, insieme alle reti antiviolenza o in altri progetti. «Solitamente quando andiamo nelle scuole a parlare della violenza maschile siamo un uomo e una donna e questo è importante, perché riscontriamo chiaramente che i maschi sono toccati diversamente se i messaggi vengono da un uomo, rispetto a quando parla una donna, la comunicazione suscita maggiore identificazione e diventa più incisiva» racconta Miceli.
Anche fra le nuove generazioni vecchi schemi e nuovi atteggiamenti convivono: «Quando si entra in contatto più diretto, non in aula magna ma nei laboratori a tu per tu, emergono pregiudizi, schemi mentali ancora legati al controllo maschile e a un malinteso senso di virilità e di onore, accanto però a nuove aperture e a una maggiore libertà possibile. Noi cerchiamo di far comprendere quanto sia importante intrecciare un rapporto positivo con le donne e scegliere diversamente, scegliere che la violenza non è mai un’opzione percorribile e sensata».
L’associazione inoltre promuove iniziative di sensibilizzazione contro la violenza e, per esempio, insieme all’associazione Officina ha realizzato la campagna “Riconoscersi uomini – liberarsi dalla violenza” patrocinata dal Comune di Milano e portata in giro per l’Italia con una mostra itinerante. La campagna è rivolta soprattutto agli uomini, rappresentati con le donne in situazioni di vita quotidiana come la fine di una relazione, la gestione dei figli, un periodo di tensione sul lavoro, ecc., mostrando che relazioni e tensioni che riguardano potenzialmente tutti si possono gestire diversamente dalla violenza.
Un problema del discorso pubblico sulla violenza è anche quello di evitare la retorica. «Il rischio è che si facciano discorsi convenzionali – afferma Miceli – per esempio il 25 novembre (Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne) o l’8 marzo, per lavarsi la coscienza ma senza produrre una seria volontà di cambiamento. È importante invece avere una forte determinazione, trattare questo messaggio con coerenza, non fermarsi di fronte alle resistenze».
In seguito agli ennesimi efferati femminicidi che sono accaduti nel nostro Paese in queste ultime settimane, l’associazione ha poi deciso insieme ad altre realtà maschili di promuovere una nuova iniziativa pubblica il 22 ottobre a Roma, lanciando l’appello“Prima della violenza” pubblicato in rete e diffuso da alcuni quotidiani. «Ultimamente più uomini hanno preso parola: giornalisti, scrittori, intellettuali, per interrogarsi, sconcertarsi, cercare risposte – spiega Miceli -. Abbiamo quindi deciso di raccogliere le parole diuomini che si schierano e ci mettono la faccia e costruire una giornata contro la violenza promossa dagli uomini, per dare un segno forte, porre il problema e risollevarlo, facendo ripartire la questione da parte degli uomini, accanto al grande lavoro di antiviolenza che già fanno le donne. Solo in questo modo vediamo la speranza di un cambiamento nel mondo maschile».
Articolo ripreso da qui