Nov 2012
“Smaschieriamoci contro la violenza (del) maschile”
Documento per un presidio nella
Giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne
25 Nov 2013 ore 17.30 Piazza del Nettuno, Bologna
pubblicato sul sito di Smaschieramenti
Quando parliamo di violenza maschile contro le donne non ci riferiamo solo alle forme di violenza comunemente riconosciute come tali – assassini, stupri, violenza domestica – che pure sono fenomeni molto più diffusi di quanto si pensi, in tutti gli ambienti sociali e in tutte le fasce d’età.
Parlare di violenza maschile significa individuare un meccanismo che determina e condiziona continuamente le nostre esistenze. Non si tratta di un fenomeno isolabile dal resto, di un incidente di percorso, o soltanto di un cattivo comportamento da cui prendere le distanze: la violenza maschile sulle donne è parte integrante della nostra società e della nostra cultura, che vogliono tenere ben distinti due sessi e due generi per mantenere la supremazia, più o meno velata, di uno dei due sull’altro. In questo senso, la violenza contro le persone transessuali e transgender, della quale abbiamo ricordato le vittime il 20 novembre, è in stretta relazione con la violenza di cui sono oggetto le donne e le lesbiche.
Dobbiamo essere capaci di vedere la continuità che esiste fra tutta una serie di esprerienze ben presenti nella vita di ognuna/o/u di noi: la divisione asimmetrica del lavoro di cura nelle famiglie, l’imposizione, diretta o indiretta, di rapporti sessuali non desiderati all’interno delle relazioni di coppia, la forma stessa delle relazioni amorose con il loro portato di aspettative e pretese, la colpevolizzazione della donna che “abbandona” il partner e tutte le piccole e grandi vendette conseguenti; gli sguardi, le parole, gli atteggiamenti arroganti, la scarsa considerazione ed il paternalismo di cui spesso siamo oggetto in quanto donne; la cultura perbenista e misogina che ci pone come unica alternativa quella fra moglie e puttana, o fra brava-ragazza-che-studia-e-lavora e velina; l’educazione che bambini e bambine ricevono fin da piccoli/e affinchè si conformino a precisi ruoli di genere; lo sfruttamento, subdolo ma intensissimo, delle nostre presunte attitudini “femminili” o “maschili” sul lavoro; il ricatto economico che, con la crisi, costringe sempre più donne a rimanere docilmente nell’ambito familiare o di coppia; i mille ostacoli che ci impediscono di esercitare liberamente il diritto di decidere se, quando e come diventare madri (si pensi solo a quanto è difficile procurarsi la pillola del giorno dopo, alla colpevolizzazione che circonda le donne che abortiscono, ai medici obiettori, alla deresponsabilizzazione dei maschi rispetto alla contraccezione, o al fatto che l’educazione sessuale delle/degli adolescenti nel nostro paese è affidata di fatto soltanto ai mass media, al sentito dire e all’industria pornografica mainstream).
Agli estremi di questo continuum ci sono la violenza fisica, lo stupro, l’uccisione. Ma questo vuol dire anche che, essendo tutte/i/* implicat@, tutte/i/* abbiamo la possibilità di fare qualcosa per smontare un piccolo pezzo di quel grande sistema culturale che sostiene la violenza maschile contro le donne e contro chi trasgredisce i confini dei generi sessuali.
Il laboratorio Smaschieramenti è nato proprio a seguito della grande manifestazione contro la violenza maschile contro le donne del 24 novembre 2007 a Roma: una manifestazione alla quale gli uomini non erano stati invitati. Piuttosto che criticarla, abbiamo deciso di lasciarci interpellare da questa decisione: per questo abbiamo costituito un gruppo misto, formato da soggettività codificate come “donne” e soggettività codificate come “uomini”, con relazioni omosessuali, lesbiche e/o eterosessuali, che riflettessero a partire dai propri diversi posizionamenti sul privilegio maschile, sulla sua costruzione sociale e culturale e su come sabotarla.
In questi cinque anni di lavoro, abbiamo capito che, da parte di chi vive in abiti maschili in una società come questa, non è sufficiente proclamare di essere un maschio “diverso”, sensibile, solidale, magari gay per poter stare credibilmente in piazza il 25 novembre e in tutte le lotte contro la violenza maschile sulle donne.
Un discorso contro la violenza maschile sulle donne pronunciato da “uomini” è credibile solo se parte dal riconoscimento del privilegio che viene loro accordato in ogni più piccolo aspetto della vita, anche a dispetto degli sforzi e dell’eventuale scelta di essere maschio “diverso” o “dissidente”. Un privilegio che li rende comunque in qualche modo strumento della violenza contro le donne.
È necessario allora mettere in atto pratiche concrete di smarcamento dal maschile dominante, che di volta in volta, nelle varie situazioni pubbliche e private, nella vita di relazione come nelle pratiche politiche, spezzino la nostra potenziale complicità con esso.
Non si tratta solo di non picchiare e non stuprare. La cultura machista che alimenta e sostiene la violenza contro le donne è fatta anche di tutta quella lunga serie di battutine, risate, commenti pesanti, luoghi comuni sulla sessualità che affollano le conversazioni. Allora si tratta, per esempio, di rifiutare la propria complicità, spezzare il “cameratismo” (o il quieto vivere) e non restare in silenzio in queste situazioni.
Parte di questa lotta è anche la produzione consapevole di maschilità non egemoniche – froce, butch, drag king… – che contribuiscano a denaturalizzare il binarismo dei sessi e dei generi, e con esso il maschile e i suoi privilegi.
La violenza contro le donne non può essere ridotta a una questione di ordine pubblico, e il compito di contrastarla non può essere semplicemente delegato a un impianto legislativo, ma deve essere il punto di partenza per ripensare il binarismo dei sessi e dei generi e tutte le dinamiche di potere che pesano sulle nostre vite.
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