Mar 2013 “Impressioni e note sul
Convegno di Roma del 16-17 Mar 2013″
di Gian Andrea Franchi
(19/03/2013)
Non è stato un seminario ma un convegno e come tale ha proposto stimoli e spunti da elaborare personalmente e collettivamente in modalità tutte da definire. Ci vorrebbero seminari effettivi, magari suddivisi territorialmente, non solo per comodità, da far confluire poi in una dimensione nazionale. Da quando partecipo a MP ho sempre avvertito la mancanza di un ambito regolare di ricerca collettiva, quindi di scambio e di conflitto, di quel conflitto creativo che è una forma d’amore e il sale della ricerca.
Sono ancora nuovo in quest’associazione e non conosco bene la sua formazione come può conoscerla chi l’ha vissuta dall’interno, cosa che è fondamentale per conoscere le dinamiche interne, perché sono quelle che ne determinano il carattere, più che le dichiarazioni e anche gli scritti.
Ho scelto di entrare in MP, dopo un’intera vita sperperata nei movimenti sociali e pre-occupata da una politica intesa come processo di liberazione collettiva e insieme singolare, convinto che implicasse una pratica radicale di critica del potere e insieme di costruzione di forme associative senza potere, della cui struttura originariamente e intrinsecamente maschile il movimento delle donne mi aveva da molto tempo convinto.
La relazione di Alessio [Alessio Miceli ha lasciato recentemente il mandato di Presidente dell’Associzione] – importante e che richiederebbe un incontro specifico – mostra il bivio di fronte a cui si trova MP: diventare un’associazione di volontariato e/o un’associazione culturale; oppure un’associazione di trasformazione politica, produttiva di forme di socialità e dunque di società, alternative a quella data, peraltro in crisi, e dunque conflittuali con questa, nella precisa misura in cui effettivamente capace di produrre alternativa. E’ evidente che la prima possibilità si presenta più facile e più gratificante. Dice benissimo Alessio “un posto al sole”. Problematiche gravi come la violenza di genere e anche la critica di genere possono facilmente, se pur già non sono, diventare mediatiche e imbiancatura di sepolcri.
Uno degli aspetti fondamentali di MP sta nel tentativo di offrire la difficile possibilità di tenere insieme quelli che sono le due dimensioni della politica, come mi ha insegnato il femminismo, dimensioni storicamente scisse, se non contrapposte: la dimensione della singolarità, della relazione fra singoli, faccia a faccia, corpo a corpo, e quella collettiva, che hanno tempi e aspetti diversi.
Accenno ad alcuni temi e spunti dai miei parziali e disordinati appunti.
Conflitto. Spesso i termini generici occultano le differenze. Mi pare che non siano stati ben distinti tipi assai diversi di conflitto, che indico sommariamente.
Conflitto interpersonale, che nel caso maschile acquista una fondamentale importanza. Il nuovo desiderio maschile di cui si parla spesso non può che essere conflittuale con quello tradizionale, arcaico, inconscio; e definirsi per lo più come scarto da esso. Io ne so solamente che deve dar voce e pensiero al corpo – emozioni, immagini, parola.
Conflitto tra coloro che cercano la stessa via, che, come ho detto, è una forma pensante di amore, anche se può essere molto duro, anzi: proprio per questo.
Conflitto tra uomo e donna, che permane nella differenza e nello scambio, che per me è stato ed è fondamentale.
E infine conflitto la cui misura rimane il conflitto di classe, inteso in senso largo come conflitto tra sfruttati e sfruttatori, conflitto per sottrarre il bene comune – in ultima analisi la vita (come oggi ben si vede) – all’appropriazione e gestione dell’individualismo proprietario che oggi ha preso la via complessa del dispositivo finanziario, del denaro prodotto con il denaro.
Uno dei punti più difficili del nuovo desiderio politico maschile riguarda la messa in politica del corpo e della sessualità – giustamente Alessio parlava di fantasmi in senso forte, fantasmi attivi socialmente, politicamente. Qui è il punto chiave dell’immaginario collettivo maschile arcaico che forma largamente l’inconscio di ogni uomo e quindi il tema politica e inconscio.
Per non menare troppi cani per l’aia, annoiando eventuali lettori, accenno rapidamente al tema della cura, appena accennato a Roma, che nella giusta dimensione, è fondamentale come cura di sé-degli altri-del mondo (ivi compresa la ‘natura’, la matrice della vita).
Sono perfettamente d’accordo con chi ha detto di “lasciare le istituzioni al loro destino” e di “cercare luoghi autonomi”, di inventare luoghi autonomi: tutto quel che so politicamente mi dice che le istituzioni si modificano solo dall’esterno, come una semplice lettura della storia italiana del dopoguerra dimostra.
Per concludere, riprendo un cenno di un mio intervento, in cui, confliggendo amicalmente con Alberto, come altre volte mi è accaduto, ho definito la politica come l’arte di rendere possibile l’impossibile, essendo il potere appunto la definizione pratica del limen fra possibile e impossibile.
Commenti recenti