Mag 2001 “Lontane dai militari, lontane da chi li imita”
di Elettra Deiana, Lidia Menapace, Monica Lanfranco, Imma Barbarossa, Laura Guidetti
Come donne in primo luogo ci sentiamo chiamate a scelte chiare e radicali che implicano il ripudio della competizione e degli squilibri economico-sociali, dello sfruttamento incontrollato delle risorse ambientali, delle politiche neoimperiali, neocoloniali e neopatriarcali (queste ultime eclatanti nelle realtà delle donne in Afghanistan e Sudan), della guerra come strumento per risolvere le controversie tra le nazioni, come da anni testimoniano il lavoro delle Donne in Nero, della Convenzione Permanente di Donne contro le guerre e dalla Marcia Mondiale delle donne, che ha raccolto lo scorso anno più di 400 associazioni in tutta Italia e più di 4000 in tutto il mondo.
Da decenni molte eminenti studiose, prima fra tutte Vandana Shiva, stanno analizzando con occhi di donna l’economia planetaria e smascherando la trappola degli aggiustamenti strutturali che, in nome della globalizzazione, mettono a repentaglio la vita e la libertà di milioni di donne e uomini.
Le donne che hanno partecipato al percorso delle Marcia Mondiale delle Donne 2000, le donne che con vari percorsi individuali e collettivi hanno dato vita a pratiche politiche di autodeterminazione, autonomia e libertà, ispirate alle modalità delle azioni non violente, le donne che, a partire da Pechino e in relazione con altre- singole e associate- dell’est e del sud del mondo hanno maturato una critica di genere, radicale e originale, della modernizzazione capitalistica e della globalizzazione neoliberista, hanno deciso di segnare con contenuti, modalità e pratiche non violente il movimento antiliberista.
La riflessione femminile e femminista nel mondo (e anche di alcuni, purtroppo pochi, uomini) ha messo in evidenza il nesso profondo che c’è tra patriarcato, nazionalismi e militarismi: dalla connotazione gerarchica all’esaltazione dei valori “virili” e del patriottismo, il corpo maschile si esalta nel dominio, nel controllo e quindi nella cancellazione della sessualità femminile.
Siamo impegnate con reti di donne di tutto il mondo ad affermare i valori della pace e della convivenza fra individui/e di diverse appartenenze culturali e linguistiche, riconoscendo l’esistenza dei conflitti ma ripudiando la guerra come strumento di soluzione degli stessi, siamo impegnate perciò in prima persona nella condivisione delle pratiche di quei gruppi di donne che anche in luoghi difficili e di conflitti armati portano avanti critiche radicali ad ogni militarismo ed esperienze concrete di con/vivenza.
Da tutto quanto detto deriva la nostra volontà di praticare una opposizione permanente alla globalizzazione e al neoliberismo, e la nostra ferma intenzione di prendere nelle nostre mani il nostro destino con la forza delle relazioni e dalle lotte politiche di milioni di donne. Siamo pertanto nettamente contrarie a quelle pratiche del movimento antiliberista ispirate al militarismo e al bellicismo ritenendole segnate dalle logiche patriarcali, oltre che del tutto inefficaci, e sul piano del simbolico, subalterne alle logiche del pensiero unico.
Ancora di più il movimento antiliberista deve, a nostro avviso sviluppare modalità altre di contromanifestazione, anche al fine di essere più efficace e di raggiungere una forte visibilità proprio in virtù di un antagonismo inedito, non subalterno alla logica dello scontro di piazza, e al ruolo a cui la violenza delle forze dell’ordine ha deciso di “inchiodare” il movimento anche agli occhi di chi non partecipa pur condividendone le motivazioni, al fine di rafforzare la paura e il senso di insicurezza della società civile.
Ci rivolgiamo agli uomini del movimento perché finalmente vadano oltre il loro triste monotono insopportabile simbolico di guerra, che trasforma tutto in militare: l’amore diventa conquista, la scuola caserma, l’ospedale guardia e reparti, la politica, tattica strategia e schieramento.
Nella storia dei movimenti di lotta vi sono altre forme: il movimento sindacale e operaio elaborò e usa nella sua lunga vicenda tutte le forme dell’azione nonviolenta con assemblee, petizioni, scioperi manifestazioni pacifiche, picchetti e infine sabotaggi. Il movimento femminista fin dai tempi delle suffragiste ha trovato altri strumenti ancora per mostrare dissenso e contrasto e agire il conflitto: manifestazioni, grafica, sit-in, musica, resistenza passiva, training autogeno, danza, sarcasmo, canti, visibilità dei corpi nella loro varietà inerme, tutto il molteplice possibile, niente di uniforme o in uniforme.
A partire da queste premesse intendiamo dar vita il 15 e 16 giugno a Genova da una forte e radicale critica e contestazione della riunione dei G8 a Genova, con un evento autonomo e pacifico che vogliamo sia visibile per i suoi contenuti, le nostre pratiche, le nostre parole, le nostre immagini. Molte di noi saranno presenti anche alle manifestazioni di luglio non da aggregate ma da soggetti con una precisa posizione politica non violenta e nettamente contraria al militarismo dello stato e dei contestatori.
La Marcia Mondiale delle donne invita tutte e tutti il 15 e 16 giugno a Genova per partecipare a due giorni di forte mobilitazione e dibattito contro l’orrore economico, politico e culturale della globalizzazione. Con l’intenzione di tenere aperto il dialogo per condividere parole e pratiche politiche contro la globalizzazione neoliberista.
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