Dic 2012 “Se ci cade una perla”
di Beppe Pavan, del Gruppo Uomini di Pinerolo
dal Numero 4.2012 di “Uomini in Cammino”
largamente dedicato alla politica
Qualche anno fa, se ci accadeva di parlare di politica, anche tra noi uomini in cammino finiva in una classica litigata. Le occasioni erano esclusivamente le vigilie di impegni elettorali e si entrava fatalmente in competizione, non tanto per sostenere la propria scelta, quanto per denigrare quelle diverse. E così di politica, nel gruppo, abbiamo parlato poco…
O, meglio, abbiamo ridotto tempo e parole dedicate alla politica “seconda”, quella dei partiti e delle istituzioni, a mano a mano che è andata crescendo in noi la consapevolezza di star praticando la politica “prima”, quella delle relazioni e delle idee/proposte che nascono dallo scambio intorno ai desideri, ai problemi, alle difficoltà, ai sogni… di noi che siamo in relazione non solo nell’intimità preziosa del gruppo, ma sempre più anche con i nostri personali contesti di vita, di lavoro, di impegno sociale. E così succede che ci emozioniamo parlando di politica.
Io credo che se siamo arrivati a questo punto, a parlare di queste cose in questo modo, è perché abbiamo fatto, in vent’anni, un cammino collettivo di costruzione del gruppo, imparando a confrontarci con rispetto reciproco. Ci vogliamo abbastanza bene da “scappare qualche volta da scuola”, ad esempio giudicando con insolita durezza pensieri diversi, senza che questo, com’è successo in passato, provochi rotture.
Quel metodo ormai ci appartiene… e non è soltanto metodo. È la sostanza, il contenuto del nostro stare in relazione: il rispetto reciproco, l’ascolto, la presa di parola con sincerità, il partire da sé. In questo modo credo che si possano superare, dovunque, il menefreghismo, l’indifferenza, l’individualismo: perché si sta in gruppo, ci si sente parte di un collettivo, dove lo scambio è risorsa preziosa e decisiva per la vita di ciascuno/a.
Ognuno parte da sé, quando la propria perla (il posto di lavoro, in questo caso) rischia di o comincia a sfilarsi dalla collana dell’economia quotidiana, che sembrava consolidata e ora si rivela insicura. Così come ognuno di noi è venuto al gruppo quando ha cercato aiuto per affrontare al meglio un proprio problema.
E’ ovvio, quindi, che anche parlando di politica ciascuno parta dalla propria perla, facendone occasione di crescita, e di resistenza nel tempo, di ciascuno e del gruppo.
La Costituzione ci invita a distribuire con equità beni materiali e beni immateriali; ma affidarne l’amministrazione ai soli partiti, che peraltro ne pretendono l’esclusiva, si è rivelata pratica funesta. La politica prima vive del coinvolgimento, della partecipazione attiva di uomini e di donne, dei loro gruppi, associazioni, movimenti… e questo succede se ognuno/a parte dalla propria perla con la consapevolezza di collaborare a ricompattare, ricostruire l’intera collana – o farne una nuova.
Non c’è spazio per il menefreghismo e neppure per la rassegnazione, se ognuno/a parte da sé nello scambio con gli altri e le altre.
Che fare? In giro, tra amici e conoscenti, sento grande rassegnazione: “Il capitalismo è così, c’è poco da fare!” e, soprattutto: “Se tu fossi al loro posto faresti lo stesso!”. Ma condividono di non farsi più illusioni circa un messia, un uomo della provvidenza, un salvatore della patria…
Mi fanno sempre pensare: che farei io? Io, a partire da me… è chiaro che da solo non farei nulla, anche se avessi tutto il potere e fossi il più competente del mondo.
Ci vuole una squadra, che cammini compatta in direzione del bene comune. Ma come mettere insieme una squadra così? Quando smetteremo di votare i soliti e convergeremo su persone affidabili, a cui non delegare, ma con cui continuare a dialogare.
E’ la proposta delle donne del femminismo, da Paestum e non solo: ogni donna che assume un compito di responsabilità amministrativa deve restare in stretta relazione di scambio con le donne che l’hanno eletta e sostenuta. Ogni uomo e ogni donna che va al governo (locale, regionale, nazionale, sovranazionale) deve restare in contatto di scambio con le persone che non delegano.
Ecco la comunità che amministra e si amministra: amministrando al meglio se stessi/e e le proprie perle, è verosimile che si amministrino con altrettanta cura ed equità anche le perle di chi non partecipa attivamente, ma che vedrà a poco a poco riformarsi la collana del lavoro, dei servizi sociali, dei diritti inderogabili, della salute, della pace…
Credo che questo punto non possiamo più parlare più di “una” squadra, ma di una miriade di piccole squadre che si formano nei singoli territori, imparando a gestire i conflitti con l’unico intento-guida di non lasciar disperdere alcuna perla. Non ci sono formule o modelli; c’è solo un metodo, da imparare a praticare universalmente: partire da sé nello scambio collettivo, con rispetto reciproco, ascolto e presa di parola sincera.
Il cambiamento è possibile: l’umanità può reimparare a vivere in pace, con cura e rispetto. Lo faceva già nei tempi antichi, quando si lasciava guidare dalle donne sagge.
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