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Mar 2012 “Autorità” di G.A.Franchi

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Mar 2012 “Autorità”
di Gian Andrea Franchi

Altri frammenti di una sua “filosofia biografica sono “Donde vengono le emozioni” e

Se la forma umana – mai definitiva, sempre precaria – è, inestricabilmente, donata e imposta, nel tempo e nel luogo della nascita – dell’origine e dell’inizio -, sorge un conflitto, che è la vita umana stessa, tra il dar forma come amore e l’imporre una determinata forma come potere. Il nato, l’in-fante, ha bisogno di ricevere la forma culturale umana che ancora non ha (ha soltanto la forma biologica). Uno degli elementi fondamentali della forma è il linguaggio. Nella lingua ci sono il donare e l’imporre, l’amore e il potere, che possono corrispondere storicamente al ruolo della madre e a quello del padre, alla lingua materna e alla lingua del padre, anche se ai ruoli non corrispondono necessariamente le persone e tenendo conto della crisi irreversibile del ruolo paterno. Il donare e l’imporre linguistici possono corrispondere anche alla distinzione saussuriana tra langue e parole e, in qualche misura, anche alla differenza tra lingua parlata e lingua scritta. A proposito del carattere impositivo della lingua, Roland Barthes notava che la lingua è per eccellenza l’ambito in cui s’inscrive il potere: la lingua è, prima di tutto, una classificazione, cioè l’assegnazione a posti già dati, l’uniformazione del nuovo al vecchio. In termini volutamente provocatori, affermava che ogni lingua è “tout simplement: fasciste”, perché fascismo non è impedire di dire, ma obbligare a dire 1). Tuttavia, nella lingua c’è anche il donare e quindi la possibilità di sottrarsi al suo carattere impositivo. E’ Michail Bachtin a insistere su questo aspetto.

Amore e potere indicano due accezioni dell’autorità, che corrispondono al significato originario dell’etimo latino – auctoritas, auctor, da augere, far crescere, accrescere – e all’uso corrente della parola che rimanda all’esercizio di un potere (governo e analoghi). Queste due accezioni – l’autorità che nasce dall’amore e l’autorità come potere – sono in conflitto ma possono anche confondersi e scambiarsi. Il loro rapporto è definibile nei termini temporali di apertura e chiusura. *Le due accezioni di autorità si definiscono in relazione al tempo: il tempo come donazione di vita, il tempo come rischio di morte. E’ evidente che il femminile esperisce la prima temporalità, il maschile è portato verso la seconda, che implica l’ossessione per la legge che è, essenzialmente, controllo del tempo.

 

Apr 2012 “Vulnerabilità” di G.A.Franchi

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Italia. Lo spogliatoio di una piscina (dal sito dell’Inail)

Apr 2012 “Vulnerabilità”
di Gian Adrea Franchi

Altri frammenti di una sua “filosofia biografica” sono “Ore trascorse con la madre che muore” e “Donde vengono le emozioni”

Queste riflessioni nascono da ciò che sento come una catena che non si può spezzare perché mi costituisce: la dipendenza inerme, propria dell’avanzata vecchiaia che tanto ricorda l’infanzia, in cui si trova mia madre. Ciò mi costringe, a pensare la relazione con lei e quindi con la famiglia, con quell’istituzione che è la famiglia – con la mia origine.

Il rapporto con la propria madre prima e principalmente, poi con entrambi i genitori, è anche la matrice del rapporto con il fondo elementare di ciò che chiamiamo storia. La narrazione storica comincia come genealogia e deve avere un’origine e un inizio. Per le storie individuali quest’inizio è la nascita. Ma l’inizio è anche un seguito, una successione, una conseguenza. Rimanda ad un presupposto, ad un precedente, ad un passato, ad una tradizione che, attraverso i genitori, entra in rapporto con il nuovo nato, con la sua totale vulnerabilità.

Apr 2012 “Amore, violenza e le promesse del ’68” R.Siebert legge Lea Melandri

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Apr 2012 “Amore, violenza e le promesse del ’68”
Una lettura di Amore e violenza di Lea Melandri
di Renate Siebert
già pubblicato da Donne e Altri il 2 aprile 2012

Vorrei parlare di questo testo (Amore e violenza. Il fattore molesto della civiltà Bollati Boringhieri, Torino 2011) a partire da una annotazione sull’autrice: la passione di Lea Melandri per le scritture di esperienza, la sua testardaggine nel ritornare sempre e ancora sulla dimensione esistenziale dove s’intrecciano corpo, pensieri ed emozioni. Sento vicinanza con lei innanzitutto nell’amore per il dettaglio, nell’insistenza sulla concretezza e, di conseguenza, nella diffidenza per l’ideologia. Ci lega una comune esperienza che ha segnato le nostre vite, quella dei gruppi di autocoscienza negli anni ’70 a Milano, un’esperienza che ci ha insegnato la voglia di tenere insieme ciò che sperimentiamo personalmente – la singola storia individuale – da una parte, e la teoria, l’astrazione, l’utopia – la dimensione collettiva – dall’altra. Rispetto e amore per le singole storie, insieme allo stile alto sul piano teorico, hanno contraddistinto ad esempio la rivista “Lapis” alla quale Lea ha dedicato anni della sua vita
Per presentare il testo, necessariamente, devo essere sintetica. Perciò mi concentrerò su tre temi centrali – che, tuttavia, non rappresentano tutta la ricchezza del volume:
1.   Corpo e polis
2.   L’annodamento tra amore e odio (Il fattore molesto della civiltà)
3.   L’eredità del ‘68

Mar 2012 “Vi racconto la mia. Ovvero: come sono finito qui di D.Uzala

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Mar 2012 “Vi racconto la mia”. Ovvero: come sono finito qui
di Andrea Baglioni aka Dersu Uzala
già pubblicato su Anobii il 30 Mar 2012

Su Anobii, che è un social network di amanti dei libri, in un gruppo che si chiama Di qualcosa di sinistra c’è una discussione dal titolo I diritti dei gay sono di sinistra?
Ecco quello che ciò scritto, sotto lo pseudonimo di Dersu Uzala.

 

Io vi racconto la mia.

E’ un’autobiografia in pillole: pesano, ognuna, circa dieci anni.