Apr 2012 “Mai più Complici”
del Comitato promotore nazionale Senonoraquando, Loredana Lipperini, Lorella Zanardo-Il Corpo delle Donne
pubblicato sui rispettivi siti/blog il 27 Apr 2012
con una risposta di adesione di Stefano Ciccone
Sulla sequenza di femminicidi che hanno segnato i primi mesi del 2012 vedi anche:
la pagina che a Vanessa Scialfa ha dedicato Femminismo a Sud,
l’adesione all’appello dell’Associazione Ragazze di Benin City e
la lettera aperta agli uomini del mio partito di Fulvia Bandoli
“Mai più complici”
L’Italia rincorre primati: sono cinquantaquattro, dall’inizio di questo 2012, le donne morte per mano di uomo.
L’ultima vittima si chiama Vanessa, 20 anni, siciliana, strangolata e ritrovata sottosotto il ponte di una strada statale.
I nomi, l’età, le città cambiano, le storie invece si ripetono: sono gli uomini più vicini alle donne a ucciderle. Le notizie li segnalano come omicidi passionali, storie di raptus, amori sbagliati, gelosia. La cronaca li riduce a trafiletti marginali e il linguaggio le uccide due volte cancellando, con le parole, la responsabilità. E’ ora invece di dire basta e chiamare le cose con il loro nome, di registrare, riconoscere e misurarsi con l’orrore di bambine, ragazze, donne uccise nell’indifferenza. Queste violenze sono crimini, omicidi, anzi FEMMINICIDI.
E’ tempo che i media cambino il segno dei racconti e restituiscano tutti interi i volti, le parole e le storie di queste donne e soprattutto la responsabilità di chi le uccide perché incapace accettare la loro libertà.
E ancora una volta come abbiamo già fatto un anno fa, il 13 febbraio, chiediamo agli uomini di aprire gli occhi, di camminare e mobilitarsi con noi, per cercare insieme forme e parole nuove capaci di porre fine a quest’orrore. Le ragazze sulla rete scrivono: con il sorriso di Vanessa viene meno un pezzo d’Italia. Un paese che consente la morte delle donne è un paese che si allontana dall’Europa e dalla civiltà.
Vogliamo che l’Italia si distingua per come sceglie di combattere la violenza contro le donne e non per l’inerzia con la quale, tacendo, sceglie di assecondarla.
Una risposta di adesione
di Stefano Ciccone
Care amiche,
vi ringrazio per l’iniziativa che proponete. Credo sia davvero necessaria una presa di parola degli uomini sul susseguirsi di violenze e uccisioni ai danni di donne.
Come sapete un percorso, molto esiguo e forse poco visibile di uomini c’è e continueremo a portarlo avanti. Insieme con le donne ma anche con una nostra autonoma assunzione di responsabilità.
Non ho dunque difficoltà ad aderire alla vostra proposta. Credo, però, che l’indignazione e la risposta all’urgenza degli avvenimenti non debba far dimenticare una grande attenzione a come comunichiamo.
Credo che, se fosse possibile, sarebbe bene provare a modificare la frase che avete inserito nel testo: “Un paese che consente la morte delle donne è un paese che si allontana dall’Europa e dalla civiltà”. Purtroppo la violenza di genere non conosce latitudini, non vede una chiara distinzione tra paesi più “civili” e meno. L’europa non è indenne da questo problema e non ci aiuta proporre una rappresentazione che potrebbe essere percepita come ambiguamente vicina alle strumentalizzazioni razziste e xenofobe fatte sul tema. Sappiamo che il 90% delle violenze avviene in famiglia e voglio qui ricordare due donne straniere Andrea Christina Marin e Maricica Hahaianu, uccise da italiani.
Purtroppo la violenza non è figlia di una natura da civilizzare né è retaggio di culture meno civili: è figlia della nostra “civiltà”, della nostra cultura. Se possiamo proviamo a dirlo in modo più limpido, senza equivoci.
Grazie e a presto
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