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Apr 2012 “Conferenza nazionale sulla
Legalizzazione della Prostituzione. Un punto di vista”.
di Andrea Baglioni
Sotto il titolo insieme altisonante e provocatorio di “Conferenza nazionale sulla Legalizzazione della Prostituzione”, si è svolta a Roma, presso la sala Luigi di Liegro della Provincia, una giornata di riflessione organizzata dall’Associazione Radicale “Certi diritti” con il Comitato per i diritti civile delle prostitute (CDCP) e il dipartimento Nuovi Diritti della CGIL nazionale.
Questo non è e non vuole essere un resoconto completo e oggettivo dei lavori. Ancora per qualche giorno audio e video dell’incontro potranno essere scaricati dal sito di radio radicale.
Hanno condotto i lavori della giornata Pia Covre, Presidente del CDCP, Enzo Cucco e Sergio Rovasio, rispettivamente Presidente e membro della segreteria di Certi Diritti e Maria Gigliola Toniollo, Cgil Nuovi Diritti.
Il titolo può essere definito “altisonante” perché, come diceva lo stesso Enzo Cucco nelle conclusioni, si è trattato piuttosto di una tappa nella costruzione di una iniziativa politica i cui esiti restano aperti e “provocatorio” perché, contrariamente a quanto la grancassa repressivo-informativa ci porterebbe a dimenticare, in Italia prostituirsi non è reato.
La legge 75 del 1958 – nota come “legge Merlin” dal nome della Senatrice socialista Lina Merlin, prima firmataria – è stata pensata e utilizzata in modo sostanzialmente tollerante fino agli novanta mentre da allora in poi si registra una crescente pressione repressiva. Il cambiamento, come ha sottolineato Paola Degani nei suoi interventi, è stato determinato dall’arrivo sulle strade di un numero crescente di prostitute migranti. Mi sono fatto l’idea che sia stata la loro presenza a suscitare e consentire insieme l’attivazione di un circuito che va “dall’allarme informativo” alla “mobilitazione politica” alla “risposta repressiva” per tornare a una “messa a tema politico” e che ha avuto il suo punto massimo a seguito dell’approvazione della legge 125 del 2008. Si tratta della legge che ha consentito la produzione di ordinanze dei sindaci in tema di sicurezza urbana: contro prostitute, graffitari, lavavetri, questuanti, senza fissa dimora, etc. Una legge, va notato, smentita da una sentenza della Corte Costituzionale del 7 Aprile 2011.
Come hanno sottolineato gli interventi di Gianni Meuti, Sindacato Polizia Silp e di Riccardo Magi, Segretario Radicali Roma, questa propaganda securitaria pur essendo sostenuta da investimenti significativi in termini di forze repressive, non ha ottenuto risultati presentabili sul piano reale ma non smette di essere uno strumento facile di raccolta del consenso da parte del potere politico locale: di centrodestra e di centrosinistra (sulle ordinanze comunali emesse sulla base della legge 125 del 2008 è disponibile una ricerca finanziata dell’ANCI e al tema delle ordinanze è stato dedicato anche l’ultimo incontro della Piattaforma dell’Osservatorio sui fenomeni della prostituzione e della tratta del quale ha riferito Silvia Coman nel suo intervento). Il fatto è, come ha detto con chiarezza Porpora Marcasciano del Movimento Italiano Transessuali, che “le questioni eticamente sensibili vengono utilizzate nel nostro paese a fini puramente propagandistici ed elettorali a scapito della vita delle persone, a scapito anche di sicurezza e decoro: proprio quei valori tirati in ballo per giustificare politiche repressive”.
Credo che sia stata la messa in funzione del circolo “allarme informativo-messa a tema politico” che ha determinato l’aumento della violenza contro prostitute e transessuali, l’aumento nel numero e dell’efferatezza degli abusi compiuti da rappresentanti delle forze dell’ordine contro prostitute e donne in difficoltà e straniere trattenute nei CIE, delle minacce e violenze contro le prostitute da parte dei “clienti”, scoraggiate in questo clima dal denunciare gli abusi e oggetto, soprattutto le transessuali, di veri e propri linciaggi: informativi e materiali insieme, come ha ricordato Rho nel suo intervento.
La denuncia di questo clima è il punto d’attacco delle associazioni che hanno lanciato la Conferenza.
Da parte delle forze di centrodestra si trattava di una strategia politica complessiva che sarebbe dovuta essere coronata da una legge mirata all’eliminazione della prostituzione “di strada” (in luogo pubblico o aperto al pubblico). Alla proposta, già approvata dal Consiglio dei ministri nel 2008 e poi, in seguito alle disavventure di Berlusconi in tema di prostituzione, messa da parte ha dedicato il suo intervento Alessandro Gerardi. Prima firmataria la Ministra per le pari opportunità Carfagna, la legge mirava sostanzialmente alla criminalizzazione della prostituzione su strada introducendo la misura dell’arresto per il “cliente”: una misura, questo è il nodo procedurale e sociale insieme, non estinguibile tramite l’oblazione. La necessità di difendere la riservatezza (la cosiddetta ’onorabilità) dei “clienti” avrebbe costretto le persone che si prostituiscono a chiudersi e, peggio, essere chiuse in casa: dove sono meno raggiungibili e più esposte a ricatti e condizionamenti.
Su questo la posizione degli organizzatori è chiara: dalla legge Merlin – che ha chiuso i “casini”, non si torna indietro: nessuno spazio all’ipocrisia e alle doppie morali che, colla faccia di chi difende altissimi valori finisce per punire le persone concretamente e duramente. Attenzione, anche, a proposte, come quelle degli “eros centre”, che se mal indirizzate potrebbero portare a risultati analoghi.
Perché, allora, parlare “provocatoriamente” di legalizzazione?
Perché, anche se non è illegale, la prostituzione o meglio, come gli organizzatori preferirebbero fosse chiamato, il lavoro sessuale resta ai margini della legge: le attività che rendono possibile a una persona prostituirsi e godere di quel che ne guadagna (come l’affittarsi una casa dove lavorare o pagare una domestica che la tenga in ordine o sostenere la propria famiglia o una persona convivente) possono essere, e sono già state in passato, perseguite come reati. Su questi aspetti è intervenuta, fra gli altri, Francesca Re. Su questo si impegnano, ormai dal 30 anni, Carla Corso e Pia Covre del CDCP. Mi è sembrato di capire che, se non fosse intervenuta la prostituzione straniera, non sarebbe stato col tempo impossibile “piegare” la legge Merlin verso una decriminalizzazione degli atti di favoreggiamento.
Con toni meno perentori di quelli del titolo della giornata si chiude del resto il manifesto appello lanciato alla sua conclusione, quando chiede al Governo e al Parlamento di
- avviare subito studi sui risultati di decenni di proibizionismo sul tema della prostituzione insieme alle organizzazioni che si battono per la promozione e la difesa dei diritti civili;
- accogliere ed elaborare norme legislative finalizzate alla decriminalizazione/legalizzazione della prostituzione che tengano conto delle richieste delle/dei Sex Workers, a partire dal Manifesto di Bruxelles del 2005, da quanto espressamente richiesto dal Comitato Internazionale per i Diritti dei/delle Sex Workers in Europa e dal Comitato per i diritti civili delle prostitute Onlus e dal Movimento Identità Transessuale e dalle esperienze legislative già esistenti in diversi paesi europei.
Visto dagli occhi di un osservatore esterno, l’incontro sancisce una generosa offerta di strumenti politico-istituzionali da parte di un partito a settori del movimento GLBT e delle Ong. Questi offrono in cambio maggiori lumi e orientamenti su un tema sul quale, per ammissione dei dirigenti radicali, la giornata ha offerto loro occasioni importanti di apprendimento.
Due osservazioni mi sento di fare. Da una parte, il ricorso da parte dei padroni di casa radicali ai temi e agli argomenti antiproibizionisti non è del tutto corretto a proposito di lavoro sessuale, dall’altra le violazioni più gravi dei diritti delle persone che si prostituiscono non sono probabilmente legate alla criminalizzazione delle attività di favoreggiamento.
Per quanto se ne sa, le esperienze olandesi e tedesche di legalizzazione, che non sono state accompagnate da misure draconiane contro il mercato nero, non hanno mitigato la debolezza sociale delle prostitute straniere in quei paesi. Nel suo intervento sembrava adombrare questi aspetti anche Matteo Mecacci, Presidente della Commissione Diritti Umani Osce, Deputato Radicale. D’altra parte é ragionevole credere che alcune forme di prostituzione, proprio quelle più deboli, non “riuscirebbero” a godere di forme di legalizzazione. Nella discussione col pubblico, Paola Degani faceva riferimento alle prostitute stagionali e comunitarie dei paesi dell’est che perderebbero, con la legalizzazione, il privilegio sociale di rimanere rispettabili nei loro paesi di residenza se “legalizzate” in Italia, mentre Cesare del Queer lab del Pigneto presentava con chiarezza i rischi di doppia criminalizzazione che correrebbe una prostituta extra comunitaria e irregolare: “Non solo sei illegale come migrante, ma anche come prostituta”.
Il cosiddetto “limbo legislativo” italiano ha, forse, dei vantaggi che andrebbero meglio considerati. Se Pia Covre ribadiva che non sarà mai disposta a sostenere una legalizzazione contro le migranti ricordava anche però come la migliore delle leggi sulla prostituzione approvate negli ultimi anni, quella Neozelandese, fosse stata, in sede di approvazione finale, alla fine sfregiata da un emendamento che ne limita l’applicazione alle native: tagliando fuori dalla sua applicazione le straniere.
Mi chiedo se sia stato solo per caso che su questo tema della prostituzione straniera mi sono trovato ad esprimere durante i lavori una protesta, rimasta largamente isolata.
Lasse Braun, presentato dalla presidenza come autore di riflessioni illuminanti sul tema della prostituzione, è stato il promotore di battaglie storiche per la legalizzazione della pornografia. Nel suo pittoresco intervento, non ha mancato di identificare la prostituzione con lo scambio di piacere fra uomo e donna, di esaltare la libertà sessuale degli antichi, di identificare l’origine della prostituzione con il ruolo pedagogico delle prostitute, di sottolineare della prostituzione gli aspetti letteralmente divini (la prostituzione sacra), di ricordare en passant il fatto che fare l’amore sia “necessario” per il fisico, di elogiare Solone per aver sottratto la prostituzione dall’esclusivo godimento degli aristocratici e degli autorevoli visitatori stranieri e averla insieme secolarizzata e democratizzata. Avrebbe avuto infatti il merito, affermata la democrazia, di acquistare a sue spese due dozzine di schiave e di metterle a disposizione del popolo a spese dello stato: “Chi era questo Solone? (in crescendo) Un genio, di cui oggi non si parla più! Un democratico! Quella sì che era democrazia!”.
Ha messo cioè insieme in un brevissimo intervento la naturalità delle relazioni di genere, la mistificazione egualitaria del piacere a nascondere l’ignoranza programmatica della sessualità femminile, l’identificazione della sessualità (maschile) con una necessità fisiologica (probabilmente selvatica, bassa e indifferibile a pena di disordini sociali) e, per finire, ha fatto l’apoteosi dello scambio sessuo-economico nella sua forma radicale: l’acquisto del corpo dell’altra senza residui, lo spossessamento della schiavitù e lo ha identificato colla democrazia.
Ma, mi si può chiedere, che cosa c’entra questo con la prostituzione straniera?
Schiava è anzitutto la straniera prigioniera, la preda di guerra: la donna che gli uomini del mio gruppo non comprano o scambiano con quelli dell’altro ma che semplicemente si prendono e che, una volta presa, potranno vendersi fra loro. La schiava è l’essere attraverso cui la violenza si muta in denaro contante, il cui corso è garantito dal consenso generale e dal principe. Nelle parole di Braun c’è una verità drammatica e involontaria, di quelle che ai fools è dato di esprimere. Le donne che, anche consapevolmente, attraversano la prostituzione e la tratta per venire in europa e accostare, a pena delle violenze che gli uomini del mio gruppo infliggono loro, percorsi di emancipazione non sono più rapite a forza: a tenere democraticamente basso il prezzo del “piacere”, i marciapiedi affollati e le donne al loro posto ci pensano le leggi sull’immigrazione. I nostri Soloni si chiamano Bossi e Fini. Questo è, oggi, il volto della democrazia in Italia e in Europa.
Non sono mancate, nel corso della giornata, voci animate da una critica radicale dei rapporti di genere: quella di Rho e Cesare già ricordate e quella di Tenera Valse, il cui intervento /performance (qui il testo) è stato molto applaudito e che ha forse rappresentato la vera conclusione dei lavori. Non sono state voci di dirigenti o militanti radicali e la stessa Pia Covre, che pure ha voluto dedicare la giornata alla memoria di Roberta Tatafiore, mi è sembrato volesse lasciar correre divertita le pittoresche considerazioni di Lasse Braun.
Sul tema vedi almeno
Roberta Tatafiore, Sesso al lavoro – Da prostitute a sex workers, Milano, Il Saggiatore, 1994
Paola Tabet, La grande beffa. Sessualità delle donne e scambio sessuo-economico, Rubettino, 2004
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