Gen 2008 “Desmond Morris e i Gay”
di Fausto Perozzi
La notizia
(10/12/2007 – redazione@gay. tv) Nuova teoria per il celebre etologo inglese Desmond Morris: a segnare il discrimine tra gay ed etero sarebbe un blocco dello sviluppo evolutivo. Da qui la creatività e l’ingegno degli omosessuali, che conservano l’agilità mentale dell’infanzia.
Il celebre etologo e zoologo inglese Desmond Morris, dopo aver esposto nel suo best seller del 1967 La scimmia nuda la teoria secondo cui gli uomini sarebbero sostanzialmente primati senza peli basandosi sullo studio delle loro somiglianze di comportamento, nel suo nuovo libro The naked man propone una nuova tesi che già ha provocato discussioni e polemiche nel Regno Unito.
Dopo aver ventilato a lungo l’ipotesi che l’omosessualità fosse tutt’altro che genetica bensì derivante dall’assenza della figura paterna nella vita di un uomo, o comunque da una presenza debole, Morris ha sviluppato una nuova teoria secondo cui i gay sono affetti da quella che in zoologia è definita neotenia. La neotenia identifica il momento in cui lo sviluppo evolutivo di una determinata specie si arresta prima del tempo e, nel caso degli animali (così come dei gay, secondo Morris), ha come conseguenza la presenza di tratti infantili e adolescenziali anche in età adulta.
Invece di basarsi sul comportamento delle specie animali, questa volta Morris ha basato questo nuovo studio sull’osservazione dell’arte e delle opere dell’ingegno umane: i gay sono in genere “più inventivi e creativi degli eterosessuali, proprio perché posseggono l’agilità mentale e la giocosità dell’infanzia (ed) hanno contribuito alla vita culturale e all’arte in modo proporzionatamente molto maggiore degli eterosessuali. Conservare in età adulta la giocosità dell’infanzia è un fattore molto positivo per chi opera in settori creativi”. E a supporto della sua ipotesi lo studioso cita i casi di personaggi come Socrate, Leonardo da Vinci, Ciakowskij, Oscar Wilde, Lawrence d’Arabia. Forse per via di questo riconoscimento di estrema creatività e ingegno, le associazioni LGBT in Inghilterra non hanno protestato. Certo il sillogismo i bambini sono creativi; alcuni gay sono creativi; ergo tutti i gay sono bambini può essere sempre meno peggio di molte altre teorie, ma quantomeno ci sembra un po’ vago. Un po’ come dire io bevo RedBull, Britney Spears beve RedBull, ergo io sono Britney Spears.
Il commento
Nè diversità di sesso, nè differenze di orientamento sessuale, implicano potenzialmente nessuna diversità nella percezione e nell’espressione. [L’etologo non ha gli strumenti per discernere tra i comportamenti umani ereditati e riprodotti, quelli culturalmente appresi da quelli intrinseci]…
“Nuova teoria”. È questo il dato che colpisce la mia fantasia.
Prima di ogni considerazione, sostengo che associare la creatività a un mancato “sviluppo” presume aver posto in cima ad una postulata piramide evolutiva le facoltà compilatorie.
È come dire che le capacità analogiche sono stadi che raggiungono il loro perfezionamento nelle capacità logiche. Quindi, poiché la cultura attribuisce queste capacità in dosi diverse alla donna e all’uomo, una serie di caratteristiche stereotipate dal patriarcato sulla differenza biologica maschio/femmina, si trasformerebbero in un darwinismo sessista!
È tutta qui la parzialità della storia e della scienza al maschile [prodotta dal sessismo eterosessuale].
Un cervello umano menomato al suo impianto logico e un solo meccanismo di causa/effetto col quale pretendere la conoscenza dell’universo!
In realtà l’intera speculazione sul presunto “blocco dello sviluppo evolutivo”, si rifà ad un aspetto della teoria sessuale di Freud sull’omosessualità considerata “una variante della funzione sessuale causata da un certo arresto dello sviluppo sessuale” [vedi E. Jones – Vita e Opere di Sigmund Freud, 1953, trad. it. Boringhieri 1973], dove, però – e non viene mai citato – si diceva anche “l’omosessualità non è certo un vantaggio, ma non è nulla di vergognoso, non è un vizio, né una degradazione, e non può essere classificata come una malattia”.
Aggiungo per completezza [da Tre saggi sulla teoria sessuale. La vita sessuale – 1905, trad. it. Opere, Boringhieri 1970] la testimonianza di Freud che “[L’omosessualità] si trova in persone che altrimenti non rivelano gravi deviazioni della norma, …abbastanza sane per altri aspetti”
L’atteggiamento che R. Schafer nel 1995 [in “L’evoluzione del mio punto di vista sulle pratiche sessuali non normative” trad. it. in AA.VV – 2004, Il Sesso, Raffaello Cortina Editore, MI] definisce “darwinismo freudiano”, cioè della riproduzione come scopo della sessualità e quindi di un’eterosessualità radicata nella biologia (ma non abbastanza da aver espunto un tale carattere – l’omosessualità – con una selezione durata centinaia di migliaia di anni!), convive in Freud con asserzioni che ribadiscono il carattere polimorfo del desiderio sessuale.
Ad esempio, in una nota associata nel 1914 al testo “Tre saggi sulla teoria sessuale. La vita sessuale”, troviamo: “[La psicoanalisi] sa che tutte le persone sono capaci di scegliere un oggetto sessuale dello stesso sesso e hanno fatto questa scelta nell’inconscio”. E successivamente [in Psicogenesi di un caso di omosessualità femminile – 1920, trad. it. Opere, Boringhieri 1977] aggiunge che “anche la sessualità normale si fonda su una limitazione nella scelta dell’oggetto”.
Sarebbe ora di fare piazza pulita di tutte le storture che giungono fino ad oggi [Nicolosi e teorie riparative] del filone postfreudiano che esasperano la lettura dell’omosessualità come condizione patologica (difensiva – arresto / inibizione dello sviluppo psicosessuale, …da cui narcisismo, autoerotizzazione, identificazioni patologiche varie, ecc.) e però di Freud si guardano bene dal considerare la sua ipotesi sulla “bisessualità costitutiva” !
D’altra parte, a proposito, rammento ai fondamentalisti delle “guarigioni” che usano Freud come usano i versetti della Bibbia, la Lettera a una madre americana che chiedeva se la psicoanalisi avrebbe potuto cambiare l’orientamento sessuale del figlio.
Freud risponde che “l’impresa di trasformare un omosessuale pienamente sviluppato in un eterosessuale non offre prospettive di successo molto migliori dell’impresa opposta” [in Psicogenesi ecc. – 1920]
Sono un omosessuale che da 48 anni vive in questa società omofoba, clericale e patriarcal–fascista, e da quaranta si domanda e si informa su quale follia si fondi la repressione del desiderio di una fusionalità tra umani adulti e consapevoli, generalizzata e indiscriminata.
Ma non sono uno psicologo né un terapeuta: quindi invito gli individui gltq e tutti coloro che sono interessati a una vita libera, scevra dai condizionamenti castranti della cultura e che ”non vogliono privare la propria esistenza della sua interezza, né condannarsi ad una vita penosamente frammentaria, – ma che – ritengono che la conoscenza debba convertirsi in un obbligo morale …”[C. G. Jung – Ricordi Sogni Riflessioni, B.U.RIZZOLI, 1988 MI], ad informarsi leggendo almeno questi testi: Mario Mieli – Elementi di Critica Omosessuale EINAUDI 1977 TO; Elio Modugno – La Mistificazione Eterosessuale KAOS EDIZIONI 1991 MI; oppure, come bussola per la navigazione in questi testi, (e, scusate …mi auto cito) l’articolo “La scelta omosessuale ed il riconoscimento pubblico del desiderio” pubblicato su PEDAGOGIKA.IT anno VIII – n°6 (novembre/dicembre 2004) a cura di Fausto Perozzi.
Ma sopra ogni altro vi invito caldamente a leggere e rileggere Paolo Rigliano e Margherita Graglia (a cura di) – Gay e Lesbiche in Psicoterapia, Raffaello Cortina Editore, 2006 MI.
Ho fatto mia la convinzione che la sessualità sia il principio semplice e fondante dell’individuo. Essa investe la coscienza di sé e la possibilità di conoscersi attraverso l’indispensabile relazione con l’altro da sé, nella corrispondenza alla storia e alla cultura in cui si vive, ereditata e riprodotta.
Ma la propensione affettiva – che con spontaneità si esprimerebbe in erotismo – espone alla fragilità la creatura. Da qui la possibilità che ogni dominio ha avuto nella storia di condizionare i comportamenti per mezzo dell’ingabbiamento della sessualità all’interno di parametri culturali.
Il prezzo è la perdita di autenticità che determina istinto di morte, senso di insicurezza, protezione del gruppo, perdita della compassione, aggressività, gusto del potere o del profitto.
La cultura condivisa (l’ovvio talmente tale che neppure è nominato) costringe la sessualità a dissimularsi attraverso i modi più contorti, ai quali siamo ciechi tanto quanto rientrano nella norma.
Neppure più la predilezione amorosa è possibile in serenità districare dall’ammaestramento assimilato.
Il principio semplice e fondante diviene così il più complesso umano aspetto da spiegare. E giù fiumi di parole, che, per me, dicono che nessuno ne voglia onestamente capire una ceppa.
Però possiamo semplificare tornando al principio della sessualità del bambino: come ha riconosciuto lo stesso Freud [in Introduzione alla Psicoanalisi, BORINGHIERI 1974 TO], la libido resta polimorfa senza alcun carattere innato nella scelta dei suoi oggetti, nonostante la sua repressione, la cui conseguenza è una generalizzata paura della sessualità (sessuofobia), proprio per l’impossibilità di controllare adeguatamente fantasia e desiderio.
Parto da me e dico che – pur rigettando la logica binaria omo/etero caratteristica di una cultura reazionaria che ha necessità, per riprodursi, di incasellare, secondo logiche depauperanti, la ricchezza della vita – felice e grato, mi dichiaro omosessuale proprio per un senso politico e pragmatico di connessione con la realtà in cui mi è dato di vivere.
Ho osservato i maschi miei compagni di giochi, prima per capire se in me ci fosse qualche differenza visibile e nasconderla meglio; dopo per attrazione e insieme compassione verso la loro fragilità identitaria: quindi esplorazione e analisi.
Quello che ho visto sono i comportamenti infantili rispetto all’oggetto di possesso.
Il giocattolo che non si condivide oppure si distrugge per possederlo eternamente – per cristallizzarne il possesso – diventa nel tempo l’altro. La fidanzata, l’amico, il compagno che passa il compito, la sorella o il fratello piccoli, e poi nel lavoro, il subalterno, o il pari sul quale stabilire una preminenza.
Di volta in volta ognuno si confronta con l’impulso inibito – per ciò che prima ho detto – di avere ciò che si desidera: di provare esperienza fusionale con chiunque si venga a relazione.
E’ il rapporto con il limite esterno sul quale si costruisce la psiche del bambino – non si può avere tutto; non si possiede totalmente.
I pinocchi burattini sono pungolati a diventare umani dai Collodi di turno, che di cresciuto per lo più hanno solo l’abito che, però, permette giochi di ruolo molto più avvincenti. Così, come ben descrive Johan Huizinga, l’impulso che muove l’adulto resta il gusto per il gioco.
E il bambino, quando non viene esaudito, fa “i capricci”: sbraita, si agita, grida; l’adulto invece si “incazza” e tutti coloro che riconoscono la sua autorità, perché padre o superiore in grado, tacciono per non farlo arrabbiare di più, che poi le conseguenze sono peggiori.
L’aspetto instabile dell’identità del maschio, gli impone di realizzarsi fuori da sé, nella politica ad esempio, oppure nella costruzione e distruzione di giocattoli-protesi: dall’automobilina, alla gru, all’astronave (per non parlare delle armi!).
Metafore – come afferma Ida Magli [in La Sessualità Maschile] – del pene che segna il territorio esterno da sé (primo fra tutti il corpo che ha la capacità generativa, il corpo femminile), in un ribaltamento concettuale, dove il membro inglobato è quello che possiede!
Ma l’infanzia non ha soltanto l’agilità mentale e la giocosità. I bambini sanno bene anche essere crudeli. Chi lascerebbe in mano a dei poppanti delle armi? È quello che accade oggi con arsenali che potenzialmente potrebbero annientare ogni forma di vita sulla terra. Ma d’altra parte che senso ha la vita nell’Universo se da me – maschio etero – non si fa possedere?
Il movente che sta sullo sfondo non è il padre, che può entrare in un conflitto maschile col figlio, ma la madre, angelo del focolare, vestale del fuoco sacro, custode dei lari e dei penati, che proietta sul figlio maschio la libertà che come femmina non ha avuto e che impedisce alla sua di figlia.
Il maschio è educato al permissivismo, e crede di potere tutto.
Con difficoltà accetta una libertà femminile che travalichi i ruoli propri dello schema eterosessista, cioè un confronto alla pari con la sua compagna, ed allora usa le armi che ha imparato: la violenza, verbale prima e in seguito con modi peggiori.
In più, una identità basata sul nulla culturale che per sussistere deve agganciarsi all’orientamento eterosessuale, lo costringe a rimuovere il desiderio omoerotico; ma questo resta sempre lì, nella zona d’ombra, e al minimo colpetto (un amico, un bel travestito, una doccia) ecco che emerge l’incerto e traballa l’identità.
Allora può iniziare una doppia vita dove l’omoerotismo – più o meno auto riconosciuto – assolve il compito di soddisfare un nuovo aspetto del desiderio ed aprire la conquista di un ulteriore territorio da segnare col proprio marchio. Quindi significare un ampliamento di potenza.
Per quella limitatezza mentale dovuta alla presunzione di superiorità, c’è necessità di ruoli definiti: si mutuano, perciò, da quelli eterosessisti uomo/donna oppure padre/figlio, dove agisce la complementarietà, ma non la somiglianza e la differenza.
Il nostro bambino mai cresciuto è colui che pretende di sapere quale è la cosa migliore per l’altro – suo balocco durevole (guai a sottrarsi!) – è colui che indirizza la relazione: dirige il partner, perciò ha una visione obliqua del rispetto e dell’amore.
Ma se questa doppia vita non riesce a conciliarsi – o ad essere praticata – a fronte di una sovrastruttura culturale troppo gravosa, può scattare la violenza da omofobia.
Cosa c’è alla base della “scelta” eterosessuale?
“Nel senso della psicoanalisi, anche l’interesse sessuale esclusivo dell’uomo per la donna è un problema che ha bisogno di essere chiarito e niente affatto una cosa ovvia da attribuire a una attrazione fondamentalmente chimica”. Freud, nota al testo – Tre saggi sulla teoria sessuale… – 1914
O meglio, cos’è che della cultura – della quale siamo imbevuti e la quale siamo chiamati a riprodurre – non è possibile disgiungere dalla condizione di pratica di orientamento eterosessuale?
L’approvazione sociale.
L’eterosessualità esclusivista è acquisita sulla base di fattori sociorepressivi ai quali concorrono la famiglia e la società, comprensivi di quei meccanismi autorepressivi interiorizzati; in essa, ad esempio, ”manca la colpevolizzazione dei partner, i quali sono anzi ampiamente gratificati ed incoraggiati dalla società.“ [E. Modugno – La Mistificazione Eterosessuale KAOS EDIZIONI 1991 MI, pag. 191]
Come viene tramandata questa necessità di essere socialmente accettati e approvati?
Attraverso la madre e la necessità vitale del bambino di garantirsi il “nutrimento” prima biologico e in seguito sociale. Sono le “mamme” a riprodurre figli, padri, mariti, eterni bambinoni.
Non il padre, perché il padre è l’espressione materiale della licenza e del potere concessi al maschio.
Sto parlando di ciò che lo stereotipo culturale di genere costruisce in modo generalizzato nelle menti maschili: non sto parlando di tutti i maschi.
Ognuno cresce in condizioni irripetibili e il dinamismo – che siamo – deriva dalla risultante dello stereotipo su queste condizioni.
Ho visto in tv il caso di un uomo che nel 2006 a Roma in quel di Primavalle ha ucciso la moglie rea di essersi distaccata dalla relazione di coppia. Seguendo attentamente il servizio ho dedotto fosse stato il padre a pungolare il figlio rispetto al ruolo sociale, non solo come marito di questa donna assassinata, ma anche per il fatto che egli non avesse voluto investire il suo futuro come calciatore (un elemento della realizzazione sociale attraverso la notorietà – che nelle femmine fa il paio con la velina – comunque che dà fama televisiva, quella che oggi ha valore).
“Per me sei morto”, è una frase del padre in seguito al fallimento matrimoniale, riportata nel servizio.
In questo caso il disconoscimento non veniva dalla madre [sottomessa] e quindi non ha inciso sulla sessualità e sull’adeguamento ai concetti culturali di lavoro, di famiglia, assunti, fatti propri, dal giovane assassino, ma ha reso necessario uno scatto da maschio per ristabilire il ruolo di genere sconfessato dal padre.
Chi è che rimane allo stato infantile?
Forse, mr Morris, si tratta del bue che dice cornuto all’asino.
Fausto Perozzi
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