Nov 2010 “Il desiderio maschile tra patriarcato e mercato”
di Marco Deriu
pubblicato su Gli Altri del 5 novembre 2010, nello speciale dedicato all’incontro di maschile plurale “Quell’oscuro soggetto del desiderio. Immaginario sessuale maschile e domanda di prostituzione”
La prostituzione e più in generale quello che Paola Tabet ha chiamato lo “scambio sessuo-economico” rappresentano un fenomeno talmente ampio e sedimentato che spesso si fatica a intravedere le discontinuità dietro l’apparente continuità.
La prima discontinuità è che oggi viviamo in un’epoca di maggiore libertà sessuale.
La sessualità è vissuta sempre più liberamente e precocemente ben prima e al di là dei tradizionali rapporti matrimoniali. La frequenza dei rapporti è aumentata mostrando la crescita di importanza della sessualità nella vita quotidiana (si veda il recente rapporto La sessualità degli italiani, di Barbagli, Dalla Zuanna e Garelli). Ma anche le forme e le regole sono mutate.
Oggi esperienze di scambi di coppie, di incontri di gruppo, di festini a luci rosse sono sempre più diffuse e ammesse liberamente.
Le relazioni omosessuali pur essendo ancora discriminate sono sempre più riconosciute. In questo contesto di mutamento della cultura sessuale la tradizionale giustificazione maschile del rapporto sessuale a pagamento come avviamento alla sessualità o come sfogo di “istinti o desideri repressi” dai costumi sociali, o come esplorazione di pratiche sessuali non esperite nella vita di coppia sembra essere sempre più incongruente.
La sessualità insomma non è più uno scandalo anzi si registra un’iperesibizione della sessualità, dalla pubblicità, ad internet alle lezioni di sesso televisive che promette illusoriamente di togliere qualsiasi residuo velo di mistero dall’incontro sessuale, quando in verità non fa altro che banalizzarlo e renderlo più inconsistente e insignificante.
La seconda novità riguarda un maggior avvicinamento delle abitudini sessuali femminili a quelli maschili in una sfida crescente verso la tradizionale “doppia morale” per uomini e donne. Per esempio se l’età mediana del primo rapporto se per gli uomini è rimasta più o meno invariata nell’ultimo secolo (17,5-18,5 anni), per il sesso femminile invece è passata da 22 anni per le donne nate nel 1920 a 18,5 anni per le donne nate nel 1980.
Per quanto riguarda le donne aumenta anche in maniera sempre più marcata il numero dei partner sessuali nel corso della propria vita, in particolare per le donne nate dagli anni settanta in poi. Così l’esplorazione del piacere sessuale è sempre più importante nella vita delle giovani donne.
Il terzo elemento da rilevare è che oggi la domanda di sesso a pagamento si esprime nel contesto di una società sempre più conformata ai modelli dello scambio economico di mercato e sottoposta ad una mercificazione generalizzata che non riguarda solamente il sesso ma anche la cura, la salute, la vita intima in un allargamento sempre più estero di quello che Arlie Russel Hochschild ha chiamato “i confini del commerciabile”.
In questo contesto sociale i valori economici hanno invaso la cultura e la mentalità comune e molti aspetti del senso di sé, delle relazioni e della vita sociale sono stati “riscritti” attraverso un linguaggio e una logica mercantile. In una simile realtà la stessa idea di libertà è ridotta ad una dimensione economica, di accesso, consumo, di libera scelta del prodotto.
Così mentre diversi uomini politici dall’ultimo parlamentare al capo del governo esibiscono “il diritto” a godere dei favori sessuali che il prestigio del potere istituzionale gli garantisce, non manca chi – anche fra le donne – rivendica la libertà di disporre del proprio corpo per raggiungere i propri obiettivi, siano questi diventare una velina in televisione, di ottenere una candidatura in una lista o semplicemente una ricarica nel cellulare.
Non stupisce neppure dunque l’emergere di una domanda femminile di prostituzione, di uomini a pagamento.
Come scriveva Roberta Tatafiore già una dozzina di anni fa «Le donne, dunque, non stanno più solamente come oggetti nel mercato del sesso, bensì soggetti al mercato del sesso».
L’emancipazione si attua nella cornice di una uguaglianza mercantile, di una parificazione generalizzata attraverso quell’“equivalente universale” che è il denaro. E c’è in effetti chi sogna di “parità” tra uomini e donne nell’offerta come nella domanda di sesso a pagamento.
In conclusione attualmente ci troviamo immersi in due paradossi.
Il primo paradosso è che se le donne hanno guadagnato in libertà, autonomia, nella capacità di esprimere desideri e di ricercare forme di piacere, gratificazione o realizzazione, questo non si traduce automaticamente in relazioni più complete e intense tra uomini e donne o nel superamento di rapporti sessuali più miseri e mercificati; né d’altra parte questo garantisce il superamento dei modelli di genere che riemergono invece in forme nuove.
Una parte degli uomini infatti si dimostra incapace di confrontarsi con questi cambiamenti che chiamano in gioco anche noi maschi: la capacità di confrontarsi liberamente con il desiderio femminile e di intrecciare due desideri differenti, la disponibilità a farsi attraversare da immaginari e forme di sessualità e di piacere diverse da quelle cui siamo abituati. In una parte degli uomini questo cambiamento è codificato come “maggiori complicazioni” e aspettative di “performance” più stressanti piuttosto che come porta di accesso ad una vita sessuale e relazionale più ricca. Si registra così un nuovo ripiegamento maschile verso forme di sessualità a pagamento, controllate o addirittura virtuali, in fin dei conti più rassicuranti.
Il secondo paradosso è che oggi il vero tabù non è più il sesso, l’intimità sessuale, ma il legame, la relazione sentimentale reciprocamente (e socialmente) impegnativa. Se l’accesso allo scambio, al consumo, al godimento tramite annunci, telefonini, siti web e chat è alla portata di tutti non altrettanto si può dire la costruzione di una relazione che richiede invece tempo, sensibilità, risorse psicologiche ed umane, pazienza, capacità di confronto, disponibilità all’ascolto e al mutamento di sé. Insomma un bagaglio di competenze relazionali che né le famiglie, né la scuola, né tantomeno la televisione sembrano interessate a formare. Questo dunque in verità è il vero terreno in cui si gioca la direzione del cambiamento e la qualità della vita di uomini e donne: l’affermarsi di una nuova civiltà delle relazioni nella vita quotidiana, lontana dalla logica del patriarcato quanto da quella del mercato.
La prostituzione e più in generale quello che Paola Tabet ha chiamato lo “scambio sessuo-economico” rappresentano un fenomeno talmente ampio e sedimentato che spesso si fatica a intravedere le discontinuità dietro l’apparente continuità.
La prima discontinuità è che oggi viviamo in un’epoca di maggiore libertà sessuale. La sessualità è vissuta sempre più liberamente e precocemente ben prima e al di là dei tradizionali rapporti matrimoniali. La frequenza dei rapporti è aumentata mostrando la crescita di importanza della sessualità nella vita quotidiana (si veda il recente rapporto La sessualità degli italiani, di Barbagli, Dalla Zuanna e Garelli). Ma anche le forme e le regole sono mutate. Oggi esperienze di scambi di coppie, di incontri di gruppo, di festini a luci rosse sono sempre più diffuse e ammesse liberamente. Le relazioni omosessuali pur essendo ancora discriminate sono sempre più riconosciute. In questo contesto di mutamento della cultura sessuale la tradizionale giustificazione maschile del rapporto sessuale a pagamento come avviamento alla sessualità o come sfogo di “istinti o desideri repressi” dai costumi sociali, o come esplorazione di pratiche sessuali non esperite nella vita di coppia sembra essere sempre più incongruente.
La sessualità insomma non è più uno scandalo anzi si registra un’iperesibizione della sessualità, dalla pubblicità, ad internet alle lezioni di sesso televisive che promette illusoriamente di togliere qualsiasi residuo velo di mistero dall’incontro sessuale, quando in verità non fa altro che banalizzarlo e renderlo più inconsistente e insignificante.
La seconda novità riguarda un maggior avvicinamento delle abitudini sessuali femminili a quelli maschili in una sfida crescente verso la tradizionale “doppia morale” per uomini e donne. Per esempio se l’età mediana del primo rapporto se per gli uomini è rimasta più o meno invariata nell’ultimo secolo (17,5-18,5 anni), per il sesso femminile invece è passata da 22 anni per le donne nate nel 1920 a 18,5 anni per le donne nate nel 1980. Per quanto riguarda le donne aumenta anche in maniera sempre più marcata il numero dei partner sessuali nel corso della propria vita, in particolare per le donne nate dagli anni settanta in poi. Così l’esplorazione del piacere sessuale è sempre più importante nella vita delle giovani donne.
Il terzo elemento da rilevare è che oggi la domanda di sesso a pagamento si esprime nel contesto di una società sempre più conformata ai modelli dello scambio economico di mercato e sottoposta ad una mercificazione generalizzata che non riguarda solamente il sesso ma anche la cura, la salute, la vita intima in un allargamento sempre più estero di quello che Arlie Russel Hochschild ha chiamato “i confini del commerciabile”.
In questo contesto sociale i valori economici hanno invaso la cultura e la mentalità comune e molti aspetti del senso di sé, delle relazioni e della vita sociale sono stati “riscritti” attraverso un linguaggio e una logica mercantile. In una simile realtà la stessa idea di libertà è ridotta ad una dimensione economica, di accesso, consumo, di libera scelta del prodotto. Così mentre diversi uomini politici dall’ultimo parlamentare al capo del governo esibiscono “il diritto” a godere dei favori sessuali che il prestigio del potere istituzionale gli garantisce, non manca chi – anche fra le donne – rivendica la libertà di disporre del proprio corpo per raggiungere i propri obiettivi, siano questi diventare una velina in televisione, di ottenere una candidatura in una lista o semplicemente una ricarica nel cellulare. Non stupisce neppure dunque l’emergere di una domanda femminile di prostituzione, di uomini a pagamento.
Come scriveva Roberta Tatafiore già una dozzina di anni fa «Le donne, dunque, non stanno più solamente come oggetti nel mercato del sesso, bensì soggetti al mercato del sesso». L’emancipazione si attua nella cornice di una uguaglianza mercantile, di una parificazione generalizzata attraverso quell’“equivalente universale” che è il denaro. E c’è in effetti chi sogna di “parità” tra uomini e donne nell’offerta come nella domanda di sesso a pagamento.
In conclusione attualmente ci troviamo immersi in due paradossi.
Il primo paradosso è che se le donne hanno guadagnato in libertà, autonomia, nella capacità di esprimere desideri e di ricercare forme di piacere, gratificazione o realizzazione, questo non si traduce automaticamente in relazioni più complete e intense tra uomini e donne o nel superamento di rapporti sessuali più miseri e mercificati; né d’altra parte questo garantisce il superamento dei modelli di genere che riemergono invece in forme nuove.
Una parte degli uomini infatti si dimostra incapace di confrontarsi con questi cambiamenti che chiamano in gioco anche noi maschi: la capacità di confrontarsi liberamente con il desiderio femminile e di intrecciare due desideri differenti, la disponibilità a farsi attraversare da immaginari e forme di sessualità e di piacere diverse da quelle cui siamo abituati. In una parte degli uomini questo cambiamento è codificato come “maggiori complicazioni” e aspettative di “performance” più stressanti piuttosto che come porta di accesso ad una vita sessuale e relazionale più ricca. Si registra così un nuovo ripiegamento maschile verso forme di sessualità a pagamento, controllate o addirittura virtuali, in fin dei conti più rassicuranti.
Il secondo paradosso è che oggi il vero tabù non è più il sesso, l’intimità sessuale, ma il legame, la relazione sentimentale reciprocamente (e socialmente) impegnativa. Se l’accesso allo scambio, al consumo, al godimento tramite annunci, telefonini, siti web e chat è alla portata di tutti non altrettanto si può dire la costruzione di una relazione che richiede invece tempo, sensibilità, risorse psicologiche ed umane, pazienza, capacità di confronto, disponibilità all’ascolto e al mutamento di sé. Insomma un bagaglio di competenze relazionali che né le famiglie, né la scuola, né tantomeno la televisione sembrano interessate a formare. Questo dunque in verità è il vero terreno in cui si gioca la direzione del cambiamento e la qualità della vita di uomini e donne: l’affermarsi di una nuova civiltà delle relazioni nella vita quotidiana, lontana dalla logica del patriarcato quanto da quella del mercato.
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