Mar 2009 Intervento del Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano in occasione della celebrazione della
Giornata Internazionale della Donna
tenuto il 07 Mar 2009
Pubblichiamo il discorso tenuto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione della ricorrenza della Giornata Internazionale della donna 2009. L’idea è quella di riflettere insieme sulla presa di posizione di un uomo, prima ancora che di un soggetto istituzionale ma sicuramente a partire dalla sua posizione istituzionale, nei confronti soprattutto della violenza contro le donne. L’intervento è ricavato dal sito del Quirinale
Rivolgo innanzitutto il più cordiale saluto ed augurio alle donne italiane di ogni età e di ogni condizione sociale. Questa è la vostra Festa, questa è la vostra Giornata, ed è l’occasione per esprimervi la riconoscenza della Nazione, la riconoscenza delle istituzioni che molto debbono alla vostra presenza operosa, al vostro peculiare e insostituibile contributo in tutti i luoghi in cui si costruisce la convivenza civile e il benessere comune del paese.
E sono lieto che domani il ministro Carfagna possa portare anche il mio saluto alle donne che operano con le nostre Forze Armate nella missione in Kossovo.
In un giorno come questo è giusto richiamare l’attenzione in primo luogo sui passi avanti che anche nel corso dell’ultimo anno si sono fatti nel senso dell’affermazione del ruolo delle donne nella società italiana: che si sono fatti per loro merito, grazie al loro impegno. E’ qui il senso del titolo che abbiamo voluto dare a questa celebrazione dell’8 marzo: “Onore al Merito”. E è molto significativa la partecipazione, stamattina, di donne brillantemente affermatesi in molteplici attività di studio, professionali, imprenditoriali, sociali, artistiche.
Non c’è dubbio, d’altronde, che la componente femminile si stia imponendo, per migliori risultati, a tutti i livelli, nel sistema di istruzione e formazione; essa, tra l’altro, si rafforza e addirittura prevale in facoltà universitarie considerate un tempo di pertinenza maschile. Abbiamo visto nell’ultimo anno come tenda a rafforzarsi, la componente femminile, nelle organizzazioni dei lavoratori e in quelle dei datori di lavoro; e tenda a rafforzarsi, sia pur lentamente, nei Consigli di Amministrazione delle aziende e nei ruoli dirigenziali. A proposito di questi ultimi, un attento sociologo ha nei giorni scorsi indicato i motivi per cui la promozione di donne a dirigenti “può essere un vero e proprio ‘moltiplicatore’ dei risultati aziendali”.
Non a caso, dunque, possiamo oggi consegnare onorificenze al merito della Repubblica a un’importante professionista nel campo dell’attività fotografica, alla promotrice di una coraggiosa iniziativa di sostegno dei disabili gravi e delle loro famiglie, a una ricercatrice scientifica di alto livello, ad una giovane stella della danza, a una delle non molte – purtroppo – direttrici d’orchestra, alla prima donna entrata a far parte del Direttorio della Banca d’Italia con il ruolo di Vice Direttore Generale, e ad una eminente veterana dell’insegnamento, un’insigne docente di matematica, Emma Castelnuovo, alla quale rendo speciale omaggio anche perché rappresenta, e ci ricorda, la resistenza al fascismo che oltre a privare le donne di fondamentali ed elementari diritti le costrinse, se ebree come lei, con le infami leggi razziali ad abbandonare con i loro colleghi e studenti le scuole pubbliche rifugiandosi con coraggio in un esperimento di scuola privata esclusivamente ebraica.
Le affermazioni recenti, in vari ambiti, di personalità femminili, quali quelle che ho ricordato, care amiche partecipanti, sono le luci. Ma sappiamo che restano tante ombre: in particolare, quelle della sempre modesta, molto modesta presenza femminile nelle istituzioni rappresentative e in funzioni dirigenti nel mondo della politica. Restano molte ombre sulla strada della parità salariale e innanzitutto della partecipazione delle donne alle forze di lavoro e all’occupazione complessiva. E non possiamo non chiederci in questo momento – nel contesto di una crisi finanziaria ed economica che dà segni piuttosto di ulteriore aggravamento che non di allentamento – quanto rischi di essere particolarmente colpito il lavoro femminile : tema sul quale ancora non si vede concentrarsi abbastanza l’attenzione, la riflessione, l’impegno.
Questo è il panorama generale a cui ci richiama l’8 marzo: un panorama che non può peraltro ignorare l’ombra più pesante di tutte, la vergogna e l’infamia delle violenze contro le donne, degli stupri, e di tutte le forme di molestia, di vessazione, di persecuzione nei confronti delle donne. Nel mondo e in Italia: in una parte del mondo in modi orribili, barbarici; in Italia verso donne italiane o straniere non fa differenza, ad opera di stranieri o di italiani non fa differenza.
Ha scritto ieri il Segretario generale dell’ONU, Ban Ki Moon: “la violenza sessuale contro le donne è un crimine contro l’umanità. Viola tutto quello per cui si battono le Nazioni Unite. Provoca conseguenze che vanno ben al di là del visibile e dell’immediato. L’impatto sulle donne e sulle ragazze, sulle loro famiglie, sulle loro comunità e sulle loro società in termini di vite e di focolai spezzati, va oltre ogni possibile calcolo”.
Nel nostro paese possiamo dire che si stanno facendo dei passi avanti anche nel reagire a ogni sorta di violenza contro le donne e ad ogni sorta di pratiche lesive della loro dignità. Passi avanti sul piano della presa di coscienza e della denuncia, con un crescente coinvolgimento delle scuole, come ci dice il successo del concorso i cui vincitori sono stati appena premiati. E passi avanti sul piano dell’intervento legislativo e dell’azione di governo, come ci dicono le iniziative poco fa richiamate dal ministro Carfagna, alcune delle quali già ampiamente condivise in Parlamento.
Il quadro di riferimento generale per portare avanti la causa delle donne in tutti i suoi aspetti resta, più che mai, la nostra Costituzione. I valori più preziosi per le donne – libertà, emancipazione, partecipazione attiva alla vita sociale e civile, uguaglianza di opportunità, pieno riconoscimento, a parità con gli uomini, dei talenti e dei meriti – sono, lo sappiamo, il prodotto di un lungo processo di trasformazione della società, della cultura e del costume, il prodotto di una graduale maturazione della coscienza collettiva. Ma è con la Costituzione che quei valori si sono fatti principi. E diritti.
Principi cui ispirare la legislazione, la giurisprudenza, i comportamenti effettivi di molteplici soggetti pubblici e privati. Diritti da garantire, anche attraverso il ricorso alla giustizia, da rispettare nel concreto dei rapporti sociali e civili. Diritti via via sanciti dalla Dichiarazione universale e dalle Carte europee, da ultimo quella del 2000, ora integrata a pieno titolo nel Trattato dell’Unione.
Così, agli articoli 3, 29, 37 della Costituzione repubblicana hanno corrisposto nel corso degli anni la riforma del diritto di famiglia, nel segno dell'”uguaglianza morale e giuridica dei coniugi”, e un gran numero di leggi, nazionali e regionali, di sentenze, di accordi sindacali, che hanno concorso a un più alto riconoscimento della condizione della donna da parte della società e dello Stato.
La democrazia si consolida, si pone al riparo da ogni rischio, si sviluppa com’è necessario, se si rafforzano il ruolo e il contributo delle donne attraverso il più conseguente rispetto e svolgimento dei principi e dei diritti sanciti dalla Costituzione. Principi e diritti che fanno della nostra Carta una Costituzione vitale, di assoluta validità in tutta la sua prima parte, anche perché aperta al nuovo, proiettata verso il futuro. Una Costituzione da richiamare non per un qualche omaggio formale ma per un convinto ancoraggio al suo dettato e al suo spirito – insomma, una Costituzione da far vivere: anche con il decisivo impulso delle donne italiane.
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