“Siamo le pronipoti delle streghe che non siete riusciti a bruciare”
La Casa Internazionale delle Donne, storica sede romana dell’associazionismo femminile e femminista, è ormai da un mese minacciata di sfratto a causa di un’ingiunzione di pagamento di 800.000 euro. Non volendo in questa sede entrare nel merito di chi continua a far parlare la burocrazia e a ridurre al silenzio la politica, soprattutto la “politica prima”, quella di chi vive la polis, le persone e i loro problemi di tutti i giorni, voglio però riportare in apertura di questo articolo le parole stesse delle dirette interessate riguardo alla questione:
“Per decenni questo luogo è stato salvato, conservato, restaurato, reso vivo e frequentato, sottratto al degrado cui sono andati incontro tanti beni pubblici della nostra città. Anche la Casa corre ora oggi il pericolo di chiusura cui sono andate incontro tante associazioni e realtà sociali di Roma. Il debito che ci viene attribuito dall’Amministrazione non tiene conto del valore dei servizi che vengono offerti. In tal senso la Casa Internazionale delle Donne, fin dal 2013, ha iniziato un’interlocuzione con il Comune di Roma il quale, dopo avere verificato la qualità dei servizi, proponeva una valutazione del loro valore economico dell’ordine di € 700.000 annui.”
Nonostante tutto le attività della “Casa” sono tante, necessarie e continuano ad andare avanti. Una di queste è il bellissimo Premio di scrittura femminile che ogni anno vede in gara numerose opere e diverse sezioni da cui emergono testi interessanti, sia tra i premi che tra le segnalazioni. Sabato 2 dicembre, nella sala Carla Lonzi, si sono svolte le assegnazioni dei premi ed è stata l’occasione per presentare e approfondire diversi tracciati di lavoro che vanno dalla scienza, alla politica, al diritto per arrivare alla poesia, all’arte e alla letteratura.
Le opere premiate, mai scontate e anzi portatrici spesso di novità che andrebbero valorizzate molto di più per il loro portato, sono state molte e difficilmente posso riassumere tutta la varietà e la complessità dei temi trattati. Voglio però riportare alcune delle cose che mi hanno colpito di più.
La prima che mi viene in mente è Artiste della critica, a cura di Maura Pozzati, una raccolta di saggi sulle critiche d’arte che hanno fatto la storia degli ultimi decenni e tra cui si faceva notare, tra le altre, la figura di Carla Lonzi, spesso dimenticata in questo suo ruolo invece ricordato oggi proprio qui, nella sala che porta il suo nome. “Questa raccolta” si legge sul foglio del Paese delle donne che riporta tutte le opere vincitrici “ha l’obbiettivo di sanare una frattura che da sempre affligge la cultura delle donne, la difficoltà cioè di tramandare modelli intellettuali positivi, per rafforzare il passaggio di consegne tra generazioni”. E tra le premiate c’è anche Lucia Crisci, giovane artista la cui serie di suggestive opere tra di esse collegate – Ritratte – è in mostra nello spazio antistante la Sala Carla Lonzi. La sensazione che ci trovassimo in un momento di risanamento di quella “frattura” di cui si diceva sopra è stata forte. Come anche per il testo di poesie premiato, Piove col sole, di Katia Olivieri (Montag, Tolentino, 2016) e per quello della sezione narrativa, Torno da me, di Maria Neve Arcuti (Il Raggio Verde, Lecce 2016), raccolta di sette racconti dedicati a sette donne in cerca di se stesse, ognuna a modo suo.
Questo testo, devo dirlo per verità di narrazione, è il motivo per cui mi sono ritrovato in questa occasione e sono contento che sia successo, sia per la premiazione del libro di Maria Neve, sia per il fecondo e interessante contesto in cui è stata premiata – conosco Torno da me, come anche la sua autrice, da prima della sua uscita e se riesco a dire qualcosa che non sia scontato su di esso, è forse che l’istinto narrativo che descrive le vite di queste donne mette in scena e presenta al lettore e alla lettrice il conto della lunga serie di stereotipi, pregiudizi, difficoltà, dolori e desideri che spesso le donne si trovano ad affrontare nelle società misogine, che siano quella di Teheran, di Milano, della provincia di Verbania o di quella salentina da cui proveniamo sia io che l’autrice. Tutto raccontato con una leggerezza che non è pesantezza, appunto, ma nemmeno banalità naive.
Mi hanno infine molto colpito due ricerche. Una non ancora pubblicata, La prima legge italiana «contro la violenza sessuale». Un dibattito lungo vent’anni. (1976-1996), tesi di dottorato di Laura Elisabetta Bossini, che finalmente porta alla luce quella che è stata una delle più incredibili vicende legislative del Novecento, cioè più che la legge finalmente approvata nel 1996, le resistenze culturali, politiche e ideologiche che gli italiani e la classe politica che essi esprimono e votano sono stati capaci di sollevare per accettare finalmente l’ovvio, cioè che la violenza sessuale è un reato contro la persona, non contro la morale (che poi sarebbe soltanto l’ovvio “minimo sindacale” di un paese sedicente democratico, prima e dopo c’è tutto quello che dovremmo fare principalmente noi maschi per uscire da una cultura radicata e strutturata di violenza).
La seconda ricerca è in realtà quella che ha aperto la giornata, ne riporto qui sotto la sua presentazione scritta in occasione dell’assegnazione del premio perché descrive bene a mio avviso le questioni di fondo che muovono questo testo e che oggi, finalmente, dovrebbero diventare centrali nell’orizzonte di un cambiamento radicale del paradigma culturale. Anche e soprattutto in quelle sedi in cui il dominio maschilista è più invisibile e per questo più radicato, come quello della “scienza” e di chi ogni giorno ne riproduce stereotipi e luoghi comuni spacciandoli per “verità oggettive” – direi quasi divine ormai visto che senza il minimo pudore alcuni enunciano pubblicamente asserzioni arroganti e assurde (logicamente ed epistemologicamente) come “la scienza non è democratica”, tanto per fare esempi di oppressioni attuali. E’ forse questa la frontiera più difficile da affrontare, perché è quella in cui più emerge che il femminismo, o meglio i femminismi, sono ribaltamento e sovversione dell’esistente e dei suoi modelli epistemologici, e non occupazione dei posti maschili di potere per riprodurre lo stesso potere sotto diverso genere. Su questo siamo ancora all’anno zero, dopo millenni di oppressione culturale patriarcale, bellica e violenta, spacciata per naturalità e neutralità. Ma l’urgenza è qui e ora e spazi che ne parlano sono appunto, come sempre, vitali.
La pubblicazione “Donne e scienza. Dall’esclusione al protagonismo consapevole” (Aracne) si aggiudica la XVIII edizione del Premio di scrittura femminile “Il Paese delle donne”. Il volume, curato da Sandra Rossetti e dalla docente dell’Università di Foggia la prof.ssa Antonella Cagnolati, delegata del Rettore alle Pari opportunità, è un percorso di problematizzazione della scienza moderna alla luce della tematica di genere. Un tema che ha meritato il 1° premio, sezione saggistica, dell’ambito riconoscimento dedicato all’artista cilena Maria Teresa Guerrero. La Cerimonia di premiazione si terrà sabato 2 dicembre, alle ore 16.30, nella Sala Carla Lonzi della Casa internazionale delle donne (via della Lungara 19, Roma). Successivamente alla cerimonia di premiazione, il volume sarà recensito sulla testata cartacea “Il Foglio de il Paese delle donne” e su la rivista online “paese delle donne-online-rivista”. Sinossi del volume: i saggi presenti nel volume segnalano il sessismo della cultura scientifica che limita l’ingresso delle donne nella scienza e compromette la loro carriera, sia come possibilità di accesso ai fondi e agli stanziamenti, sia come loro posizionamento ai vertici della gerarchia professionale. Alla denuncia del problema relativo alle pari opportunità nei luoghi di lavoro si affianca la critica al sessismo presente negli stessi paradigmi e metodi della ricerca scientifica. Una delle caratteristiche del pensiero scientifico sorto all’inizio dell’età moderna e affermatosi nei secoli successivi è da vedersi, infatti, nell’approccio riduzionistico con cui gli scienziati, prevalentemente di sesso maschile, hanno studiato e gestito il fenomeno della vita, concepito come un aggregato di elementi la cui interazione dipende da un funzionamento meccanicistico simile a quello che governa gli orologi e gli altri automi. In contrapposizione a tale approccio, le autrici e gli autori di questo volume prospettano modelli di saperi e di pratiche (l’ecofemminismo, la lotta alla vivisezione, la medicina narrativa e di genere, ecc.) più rispettosi della complessità che caratterizza le forme di vita e più capaci di armonizzarsi con le esigenze di protezione, tutela e cura di cui esse necessitano.
Per leggere le attività de Il Paese delle donne e le altre opere premiate nell’edizione 2017, non meno interessanti ma che qui non ho riportato per non dilungarmi ulteriormente, seguite il sito http://www.womenews.net/
Gianluca Ricciato